Lavorare con l'adolescenza e sull'adolescenza. Il laboratorio della compagnia Biancofango sospeso tra la pedagogia dell'attore e la ricerca sulle tensioni interiori di quell'età di passaggio
Fare un lavoro sull’adolescenza, oltre che con l’adolescenza. È questa l’ambizione di Francesca Macrì e Andrea Trapani, compagnia Biancofango, che hanno portato all’interno di Perdutamente questa loro ossessione, attivando un laboratorio per adolescenti, ragazzi che frequentano all’incirca gli ultimi tre anni di scuole superiori. Una scelta che produce un effetto duplice, perché da un lato ha arricchito l’esperienza della Factory di una tematica non molto battuta dalle altre compagnie; dall’altra ha aperto le porte del teatro a un gruppo di ragazzi che – si spera, ma è probabile che sarà così – non dimenticheranno con facilità questa esperienza. Perché quella che stanno vivendo è una forma scompaginata del Teatro India, con compagnie che provano e discutono un po’ dappertutto tra sale, foyer e corridoi, tra pezzi di scenografia attraverso cui si deve passare per raggiungere i bagni o la macchinetta del caffè, in un’atmosfera generale densa di progetti e creatività. Solo grazie a questa immersione, prima ancora che a causa dei contenuti con cui entrano a contatto, l’esperienza di India sarà per questi ragazzi estremamente formativa.
È difficile capire, sbirciando solo un po’ di prove tecniche come ho fatto io, che tipo di impostazione Macrì e Trapani stanno dando al lavoro. Di certo usano i loro strumenti, spiegano le pause, le intonazioni, la differenza tra un gesto forte e un gesto appena accennato. Danno modo ai ragazzi di immergersi nella bottega del teatro, annusando l’odore degli attrezzi e dei materiali con cui si forgia la recitazione. Ma soprattutto osservano: osservano la presenza dei ragazzi, dei loro corpi e delle loro voci, e portano alla loro attenzione i momenti in cui questa presenza si fa “interessante”, quando cioè non si può che "guardarla con interesse" e diventa immediatamente un fatto, un atto di teatro.
A guardarli, seduti tutti in fila, i ragazzi sembrano una comitiva qualunque, stravaccati e impacciati allo stesso tempo, con toni tra lo spavaldo e il timido, altalenanti come sempre accade in questa fase della vita. Ma al di là del lavoro di “restituzione” delle tensioni di questa età – impossibile intuirne i contorni in un solo pomeriggio di “spionaggio” – quello che colpisce e il lavoro di scavo sulle intenzioni. Su cui i ragazzi sembrano avere non solo un talento innato, ma anche una grande voglia di scavare e approfondire.
[musica consigliata per la lettura: Non si può essere seri a 17 anni – Têtes de Bois]
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