Approssimazioni semantiche tra una regista di milano e un gruppo di adolescenti romani
La regista Francesca Macrì (milanese) espone i suoi dubbi al gruppo di adolescenti (romani) con cui sta lavorando con Andrea Trapani per il laboratorio della compania Biancofango.
A – Che differenza c’è quando voi dite “aho” rispetto a quando dite “oh”?
B – “Oh” è per chiamare.
A – E “Aho”?
B – Non so, io “aho “ non lo uso più…
A – L’altra volta l’hai usato.
B – Eh, lo so… ma normalmente…
C – “Aho” è per riprendere. È più forte. Dici “aaaaaaho”!
D – In questo caso però per me è più “oh”
C – E quando chiami non fai “aho”?
A – Paolo, che differenza c’è tra “Aho” e “oh”?
E – Dipende. “Oh” è quando devo chiamà qualcuno. Io se devo chiamà non dico “aho”, dico “oh”.
D – È più immediato. “Aho” ci devi pensare
E – Dipende. Ce stanno un sacco di motivi per dirlo…
A – Nelle improvvisazioni c’è stato un momento in cui lui t’è venuto addosso e hai fatto “aho”
D – “Aho” è un richiamo negativo. “Oh” è per attirare l’attenzione”, “Aho” è un richiamo negativo.
B – Sì.
C – Richiamare l’attenzione anche in maniera più spettacolare. Cioè… “ahooooo”!!!
E – Secondo me è che quando il soggetto è vicino è “oh”, quando il soggetto è lontano è “aho”
Risate.
E – Ma no, è vero!
[musica consigliata per la lettura: Quanno i romani fanno aho – Dj DP]
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