Carissima Spettatrice, Carissimo Spettatore del Teatro di Roma,
come forse già saprete, il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli mi ha nominato nuovo Sovrintendente della Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, uno degli istituti culturali più antichi del Paese (1913). È un onore, per me, ricevere questo nuovo incarico e affrontare questa nuova sfida, che comporta però che io lasci la Direzione generale e artistica del Teatro di Roma. Oggi è il mio ultimo giorno di lavoro.
Ho amato profondamente il mio lavoro e il Teatro di Roma, e con molti di Voi si è creato negli anni un vero e proprio dialogo, un’autentica empatia, che considero uno degli elementi migliori della mia esperienza alla guida del Teatro Pubblico della Capitale. In queste settimane molti di Voi mi hanno espresso la personale sorpresa, financo l’amarezza per questo cambiamento giunto all’improvviso lo scorso fine agosto. Voglio solo precisarVi che è stata una mia scelta, dettata dalla convinzione di aver dato il massimo possibile a questo nostro Teatro. Sono stati quattro anni e mezzo (da maggio 2014 a oggi, 31 ottobre 2018) entusiasmanti e dai ritmi serrati, tanto che a me paiono almeno il doppio, in ragione del fervore e della gran mole di attività realizzate e della vita quotidiana vissuta fra queste antiche mura. Ma ho sentito che era giunto il tempo di passare il testimone, perché credo fortemente nel ricambio generazionale, nel permettere che nuove energie circolino, che nuovi traguardi vengano fissati e raggiunti.
Sono stati anni vissuti insieme a Voi che avete seguito le cinque stagioni costruite sotto la mia guida: 2014/2015, 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018, 2018/2019: stagioni ricche e intense, costruite cercando di assolvere al meglio la missione di un Teatro Pubblico al servizio della Comunità, allargando costantemente gli orizzonti, accogliendo sui nostri palcoscenici il meglio della tradizione (quella che vibra di senso e di attualità) e dando spazio alle nuove generazioni di autori, registi, interpreti, trasformando il Teatro di Roma in una vera e propria agorà civile e culturale della Città e della Nazione: una sorta di “parlamento sociale”, oltre che “scena” della creazione artistica, come ritengo debba essere il Teatro, in coerenza con le sue lontane origini. La Vostra presenza, la Vostra condivisione degli spettacoli prodotti o ospitati, la Vostra partecipazione alle nostre proposte culturali e artistiche, ha contribuito in modo determinante al successo e alla vivacità di questi anni.
Ho vissuto il Teatro dal mattino presto a notte, abitandolo in ogni sua parte, dal mio piccolo ufficio del 1492 (parte di un ex convento), a tutti gli uffici operativi, il palcoscenico, la sala grande, i foyer, le sale prove, il botteghino, financo lo spazio antistante la facciata del Teatro Argentina, dialogando con Voi e cercando di sveltire le lunghe code che a volte si sono create, per gli spettacoli di maggior successo, per gli eventi speciali e i cicli culturali presi d’assalto, a testimonianza della Vostra vitalità, del bisogno di condividere esperienze culturali, sentendole forse come “dighe” al decadimento generale di questi nostri tempi. Non dimenticherò mai la lunghissima fila del primo incontro di Luce sull’Archeologia, la piovosa domenica mattina dell’11 gennaio 2015: eravate più di 1200 Cittadini per una sala che può accogliere al massimo 700 spettatori! In foyer, prima e dopo le rappresentazioni, al botteghino o allo “stacco” biglietti, in sala, per strada, financo al supermercato, dove il caso ha voluto farci incontrare, abbiamo parlato di Teatro, ho accolto i Vostri apprezzamenti e le Vostre riflessioni e critiche ad alcuni spettacoli, quelli non facili o non completamente riusciti. E’ questo dialogo che rende un Teatro veramente “pubblico”, aperto.
Sono stati anni vissuti con reciproca dedizione e generosità, fra entusiasmi, emozioni, riflessioni e confronti, qualche difficoltà dovuta alle criticità della Capitale stessa e del Paese, ma anche maturando nuove ambizioni, nuovi obiettivi; sempre rispettando una Istituzione tanto prestigiosa e che, con l’impegno di Tutti – lavoratori, artisti, spettatori –, ha guadagnato ulteriore e rinnovato prestigio. Sono stati anni in cui abbiamo rimesso al centro della vita teatrale cittadina, nazionale e internazionale il Teatro di Roma, specchio della Città, così come il maestro Peter Brook considera il teatro, “doppio delle società”: un Teatro cui ho dato molto e molto mi ha restituito.
Abbiamo quintuplicato le attività, riconquistato il pubblico, ovvero Voi Cittadini Spettatori, triplicandolo e diversificandolo, e di conseguenza i ricavi al botteghino sono cresciuti; abbiamo implementato il numero di lavoratori dipendenti a tempo determinato e indeterminato del Teatro (e in questi nostri tempi è stata un’azione per nulla scontata); abbiamo allargato e differenziato le attività culturali e artistiche, tenendo aperte le nostre sale undici mesi l’anno.
Abbiamo chiuso i bilanci in pareggio, nonostante un budget strutturalmente inadeguato alla nuova qualifica di Teatro Nazionale, conquistata nel 2015, e ai nuovi adempimenti prescritti dalla riforma del Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo del Mibac - Ministero per i Beni e le Attività Culturali), un budget insufficiente per il Teatro della Capitale e della Nazione e inferiore, ad oggi, a quelli dei teatri pubblici di Milano, Torino, Genova, Emilia Romagna.
Oggi, il Teatro di Roma, su indicazione di Roma Capitale, sta sperimentando un modello del tutto inedito in Italia, quello di un Teatro Pubblico Plurale, che può contare su ben 9 sale diverse fra loro e distribuite sull’intera area metropolitana: i teatri Argentina, India, Torlonia e Valle (quest’ultimo può accogliere solo esposizioni e attività culturali perché i lavori di restauro e adeguamento alle nuove prescrizioni di legge non sono ancora completati) sono teatri sotto la diretta gestione e programmazione del Teatro di Roma; mentre i teatri Quarticciolo, Tor Bella Monaca, Lido di Ostia, Villa Pamphilj, Silvano Toti Globe Theatre hanno mantenuto direzioni autonome per garantire una pluralità di visioni.
In questi anni, le nostre produzioni hanno conquistato più di 40 premi (ma anche gli spettacoli ospitati hanno fatto incetta di riconoscimenti) e più di 150 sono stati gli autori viventi messi in scena, fra produzioni e ospitalità, a marcare con determinazione una linea editoriale virata tutta al contemporaneo, fedeli alla missione sociale, politica, estetica del Teatro stesso, che deve essere testimone del proprio tempo.
Grande è stato pure l’impegno, a Voi meno visibile, dedicato a migliorare il funzionamento della macchina operativa e logistica, seppure tanto rimane da fare: dal restauro e aggiornamento funzionale, oltre che del citato Valle, anche del Teatro Argentina, a partire dalla sostituzione delle poltrone usurate, agli interventi necessari a India, dove servono nuovi impianti di condizionamento, la creazione di un parcheggio, il suo raggiungimento anche attraverso mezzi pubblici, il recupero degli altri padiglioni abbandonati per fare di India definitivamente una Factory delle nuove forme di creatività e socialità, per accompagnare e sviluppare le trasformazioni in atto, in modo da sviluppare ancora di più il suo essere “casa” degli Artisti di tutte le discipline e un punto di aggregazione per i Cittadini che abitano i quartieri che lo circondano.
Sono a inviarVi, dunque, il mio più sincero e profondo ringraziamento per aver voluto condividere il percorso artistico e culturale, etico e sociale, di questi anni; di aver applaudito le nostre produzioni più apprezzate e riuscite; di aver affollato i tributi a Luca Ronconi, Pier Paolo Pasolini, Giuseppe Bertolucci, Pina Bausch, Mariangela Melato, i film di Greenaway e molti altri eventi ancora. Di aver affollato con particolare attenzione i nostri cicli culturali, e ne annoto tre per tutti: Luce sull’Archeologia, La verità vi prego sul denaro, Conversazioni sulle Rovine.
Porto con me tanto, e in particolare i progetti-maratone Ritratto di una Capitale – Ventiquattro scene di una giornata a Roma (autunno 2014) e Ritratto di una Nazione – L’Italia al lavoro (autunno 2017), entrambi curati insieme al regista Fabrizio Arcuri; il Prologo d’Amore e d’Arte per un’Italia Europea, realizzato il 30 giugno 2014 come apertura del semestre europeo a conduzione italiana, al quale ha voluto presenziare il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e che ha visto il ritorno sul palcoscenico del Teatro Argentina, dopo decenni, della grande Valentina Cortese. Allo stesso modo porto con me le nostre produzioni più amate: sopra tutti Ragazzi di vita di Pasolini, con la regia di Massimo Popolizio (che, ne sono certo, apprezzerete ancora come interprete nella stagione in corso nuovamente in Copenaghen e nella sua nuova regia Un nemico del popolo di Ibsen), Emilia con Giulia Lazzarini, Natale in casa Cupiello di Eduardo, diretto da Antonio Latella, spettacolo che ha diviso il pubblico ma che ci ha meglio rivelato il lato tragico del grande Capocomico; i più sofisticati, ma non meno emozionanti, Calderòn e Antigone diretti da Federico Tiezzi, a ribadire che la regia teatrale non è affatto morta, il Lear quasi in forma di “fiaba” di Barberio Corsetti con Ennio Fantastichini, fino alle rivelazioni più recenti – uno spettacolo per tutti, Reparto Amleto di Lorenzo Collalti – e il potentissimo L’abisso di Davide Enia. Solo per citarne alcuni, perché sono decine e decine gli spettacoli di ogni formato prodotti, scommettendo su nuovi autori, registi, interpreti e centinaia gli spettacoli proposti nelle diverse sedi, ciascuno con una sua ragione, un suo perché.
Tengo anche a ricordarVi quelle creazioni sulla memoria e di impegno civile: da Viva l’Italia – Le morti di Fausto e Iaio di Roberto Scarpetti a Tante facce nella memoria, diretto da Francesca Comencini, sull’eccidio delle Fosse Ardeatine, agli spettacoli sui diritti umani, sull’omofobia, sui femminicidi, sulle nuove forme di terrorismo, sulle guerre e sulle violenze di ogni sorta, sulla corruzione e sulle mafie (Dieci storie proprio così). Le creazioni di danza proposte nelle nostre rassegne; le proposte sempre “speciali” del Laboratorio Teatrale Integrato Piero Gabrielli; le collaborazioni con molti festival e rassegne capitoline e italiane. Gli spettacoli stranieri accolti nelle nostre programmazioni, accanto a quelli condivisi con altri partner; la kermesse del Premio Europa per il Teatro 2017.
Fra i tanti spettacoli ospiti Voglio ricordarne due agli antipodi ma egualmente importanti: il candore magico, fra pura poesia e esplosione ludica finale di Slava’s snowshow e l’ultimo capolavoro, sotto ogni profilo, di Luca Ronconi, Lehman Trilogy. E che dire delle opere liriche cantate con adesione, gioia e disciplina da decine di migliaia di piccoli romani protagonisti assoluti del progetto EuropaInCanto?
Si tratta di una rapida carrellata di tocchi di memoria recente – che rappresentano anche il contributo che il Teatro di Roma ha dato profusamente alla Capitale, nutrendo la visione di un futuro diverso nel segno dell’arte e della cultura; così come abbiamo cercato di contribuire alla rigenerazione di un Senso Civico cui il Teatro può contribuire ancora, proprio in ragione della sua specificità di esperienza condivisa, di occasione di conoscenza e di approfondimento della realtà e della vita nel suo insieme. Sono flash di memoria che Voglio condividere come ultimo atto con Voi tutti, confidando che anche molti di Voi abbiano potuto godere in questi anni di qualche creazione, che anche Voi abbiate potuto vivere emozioni e gratificazioni.
Naturalmente il mio invito è a seguire la stagione in corso fino alla fine (la campagna abbonamenti è ancora aperta e le Libertine Card sono sempre disponibili), perché anche questa è stata costruita con passione e ragione e potrà rivelarVi nuove sorprese.
Vogliate accogliere il mio ringraziamento più profondo per aver contribuito alla meraviglia di questi anni e il mio più affettuoso saluto.
Il Direttore
Antonio Calbi
Per chi volesse contattarmi:
sovrintendente@indafondazione.org