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di Antonio Tarantino
regia Antonio Calenda
promozione 10,00 + 10,00 euro
per vedere due spettacoli programmati nella stessa serata
con Giorgio Albertazzi
Marina Confalone
e con Deniz Ozdogan
scene Pier Paolo Bisleri
costumi Elena Mannini
luci di Nino Napoletano
Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
orari spettacolo
da giovedì 6 a sabato 8 maggio ore 21.00
domenica 9 e 16 maggio ore 18.00
da martedì 11 a sabato 15 maggio ore 20.30
lunedì 10 maggio riposo
Il progetto di questa messinscena si inserisce nell'ambito dell'itinerario di ricerca che il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia ed Antonio Calenda dedicano alla drammaturgia contemporanea italiana, percorso che già negli anni passati ha condotto a importanti successi con gli allestimenti de La Mostra e Lei dunque capirà di Claudio Magris.
Nel 2009 verrà affrontata per la prima volta la scrittura teatrale di Antonio Tarantino, con l'attualissimo e inquietante La casa di Ramallah.
Antonio Tarantino, bolzanino di nascita ma torinese d'adozione, ha un percorso artistico singolare: dopo aver dedicato molti anni alla pittura, nella piena maturità si volge invece alla drammaturgia e si impone all'attenzione del mondo teatrale quando nel 1993 conquista, con verdetto unanime, il premio Riccione con Stabat mater e La passione secondo Giovanni, che costituiscono le prime due parti di un progetto che, partito dalla suggestione evangelica, arriva alla rivisitazione dei miti di Antigone e Medea. Seguono da allora molti successi, tutti profondamente interessanti: fra essi Vespro della Beata Vergine, Lustrini, l'imponente Materiali per un tragedia tedesca.
«Quando si esplode il tuo corpo si divide in un milione, in un miliardo di frammenti ciascuno dei quali, per una legge fisica, conserva le qualità del tutto: udito vista eccetera, e la facoltà di pensare di parlare di riferire: un miliardo di testimoni, insomma, dell'evento della creazione, dell'esplosione originaria (...) Io, che ormai sono un miliardo di miliardi di particelle che vagano, vedo tutto e di tutto posso dar conto: e cioè che dio non esiste, che pace e guerra sono destinate a inseguirsi nel cerchio rovente del tempo, come s'inseguono amore e odio, salute e malattia, giorno e notte, sole e pioggia, padri e figli, noi e loro, la loro storia e la nostra: e nessuno ha ragione, completamente ragione, né completamente torto».
Nel testo metafisico, realista, assurdo, di certo profondamente significativo e inquietante di Antonio Tarantino, può accadere che una giovane kamikaze, dopo essersi fatta esplodere, torni a portare questo crudo messaggio ai suoi genitori e al mondo.
La casa di Ramallah narra un viaggio metafisico attraverso la Palestina martoriata: un padre e una madre trascorrono le ultime loro ore con la figlia Myriam, percorrendo la strada che li conduce dove si compirà il suo destino di kamikaze. Il treno su cui i tre viaggiano, annulla la distanza di pensiero fra la nostra realtà e quella del mondo arabo. Il dialogo irragionevole eppure toccante fra i tre, fitto, dolente, pieno di autosuggestioni e fanatismi, ma anche di verità del cuore, incatena l'attenzione del pubblico, forse sconvolto da genitori che accondiscendono a una simile scelta, forse ferito da immagini cui quotidianamente assistiamo in tv ma che forse, attraverso il linguaggio teatrale, ci colpiscono con maggior violenza. In ciò sono complici la scrittura straripante, ossessiva dell'autore e la sferzante, partecipe regia di Antonio Calenda, che con questa messinscena prosegue deciso nel percorso dedicato ai grandi drammaturghi contemporanei italiani. Di straordinario spessore il cast che il regista sta coinvolgendo nel progetto. Svelati per ora i nomi di Deniz Ozdogan - che presterà la propria recitazione rigorosa e vibrante alla terrorista - e di uno dei massimi maestri della nostra scena: Giorgio Albertazzi.