da L’augellin belverde di Carlo Gozzi
adattamento di Attilio Marangon
regia di Roberto Gandini
con Davide Bannino, Diana Bulf, Flavia Ciniglio, Viola Di Carlo, Massimo “Romano” Esposito, Andrea Gandini, Matteo Leporelli, Fabrizio Lisi, Claudia Lucantoni, Chiara Mercuri, Flaminia Merenda, Gabriele Ortenzi, Gelsomina Pascucci, Andrea Perigli, Fabio Piperno, Livia Rizzuti, Ettore Savarese, Giulia Tetta, Sara Tosato, Livia Travia, Danilo Turnaturi, Cristiano Zingaretti, Lucia Zorzoli
scena Paolo Ferrari
costumi Loredana Spadoni
musica Simone maggio
coordinamento pedagogico Luigia Bertoletti
coordinamento specialistico Maria Irene Sarti
assistente alla regia Luciano Pastori
orari
7 maggio ore 21.00
8 - 9 - 10 maggio ore 10.30
11 maggio ore 9.30 e 11.00
saggio finale del laboratorio Teatrale Integrato Piero Gabrielli (info 06.58333672)
Le favole teatrali di Carlo Gozzi, specialmente se messe in prosa, sono molto adatte alle messe in scena del Piero Gabrielli per diverse ragioni.
In primo luogo perché il mondo magico delle storie gozziane permette agli interpreti con disabilità di rappresentarne i personaggi senza obbligo di verosimiglianza. Se interpreto il Re di Coppe o la Regina Tartagliona, poco importa se sono o no verosimile, importa che renda avvincente la porzione di storia che mi è stata affidata e se sono un interprete con Sindrome di Down la sostanza non cambia.
Un’altra caratteristica interessante delle fiabe teatrali di Gozzi, è che in queste storie esiste il doppio registro: tragico e comico. Il tragico permette per esempio alle difficoltà mentali o fisiche di alcuni nostri interpreti, di trasfigurarne l’aspetto e farlo coincidere con una situazione della storia, magari con la sofferenza di un Principe che è stato trasformato in un Augellin Belverde. Il comico invece permette alla “voglia di allegria” dei nostri giovani attori, nessuno escluso, di essere condivisa e apprezzata dal pubblico, anch’esso in prevalenza di ragazzi.
Un’altra qualità di questa drammaturgia è la sinergia che crea con la musica. Nel Laboratorio Gabrielli, la musica, da sempre svolge l’importante compito di guidare i ragazzi nei difficili percorsi emotivi necessari per l’interpretazione dei personaggi. Se un personaggio è prima tristissimo e poi allegro, l’interprete, specie se non esperto, può rivivere questo cambio emotivo repentino, insieme alla musica come se fosse aiutato in scena da un tutor invisibile. La musica quindi è di grande utilità nel teatro che facciamo al Gabrielli e quando è inserita nelle fiabe teatrali, non risulta invadente o inopportuna ma anzi favorisce la creazione dell’atmosfera fantastica, non a caso la drammaturgia di Gozzi e stata utilizzata più volte e felicemente, nel “Melodramma”.
Queste ragioni ovviamente si aggiungono alle innumerevoli qualità che i “teatranti” da sempre trovano nell’opera gozziana, a partire dal successo della Compagnia Sacchi, alla riscoperta di Goethe e Shiller, al felice e irripetibile periodo russo di Meyerchol’d e Vachtangov, per arrivare a Brecht e Besson.
Un’altra fiaba teatrale quindi, che poi è il “sequel” de L’amore delle tre melarance che mettemmo in scena con il Gabrielli nel giugno del 2000 al Teatro Argentina e che andò in tournée in Australia con grande successo. Speriamo che in questa seconda puntata dell’amore “melarancesco” si possa compiere il “solito miracolo di Gozzi” e cioè che le storie del reazionario Conte Carlo, si trasformino in innovativi giochi teatrali, per chi come noi, cerca una forma “diversa” di fare teatro.
Roberto Gandini
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