Roma, Teatro Argentina | Sala Squarzina
presentazione del nuovo libro di Walter Pedullà
ANDREA CORTELLESSA, ARTURO MAZZARELLA,
JACQUELINE RISSET e SIRIANA SGAVICCHIA
presentano
il nuovo libro di WALTER PEDULLA’
C A R L O E M I L I O G A D D A
Storia di un figlio buonannulla
(Editori Internazionali Riuniti)
In un percorso che prende le mosse dalle opere iniziali di Gadda (il Giornale di guerra e prigionia, La meccanica e i racconti) e giunge a interrogare gli episodi che fanno da muro portante al capolavoro della sua produzione romanzesca (il Pasticciaccio), Walter Pedullà indaga la vicenda umana e letteraria dello scrittore che, agli occhi del padre, apparirà sempre «un buono a nulla», tracciando il profilo di un’opera in cui l’autobiografia, che è quasi sempre il punto di partenza del racconto, diventa romanzo e la singola pagina, che continua a splendere come prosa d’arte, si mette al servizio della narrazione che intreccia e moltiplica i significati. Così il Gaddus del diario matura la metamorfosi «spastica» che lo trasforma in Gonzalo, in Ingravallo, nonché in Liliana. E l’individuale male invisibile si manifesta come variante di quel male di vivere di cui soffre la generazione di intellettuali (Svevo, Pirandello, Palazzeschi, Bontempelli, Savinio, Montale, Alvaro, Tozzi, Debenedetti, Moravia, Landolfi, Pavese) che attraverso la nevrosi hanno compreso e interpretato il dramma di un secolo funestato dalla prima guerra mondiale e dal fascismo. In verità, più che per la tragedia, hanno optato per il grottesco non solo i romanzi ma anche i racconti di Gadda, da “L’incendio di via Keplero” a “San Giorgio in casa Brocchi” e infine ai «disegni milanesi» de L’Adalgisa.
In questo polivalente saggio critico, Walter Pedullà fa una penetrante istruttoria della “questione Gadda”, racconta la vicenda esistenziale e letteraria in cui esercita uno strapotere il “narratore nascosto”, perlustra le impronte linguistiche che conducono al segreto del romanziere, interpreta con logica originale i testi più arroccati e disegna la figura dell’«infelice creatura» che ha trasformato lo gnommero personale in pasticciaccio universale.
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