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Timeloss

26 – 29 marzo 2020

testo, regia e scene di Amir Reza Koohestani
con Mohammad Hassan Madjooni e Mahin Sadri
e in video Abed Aabest e Behdokht Valian

Lo spettacolo

Nel 2001 il regista e drammaturgo iraniano Amir Reza Koohestani scrive un’opera intitolata Dance on Glasses, destinata a renderlo celebre presso i palcoscenici di tutto il mondo. Protagonisti del testo sono due amanti in procinto di separarsi. Nel 2013, Koohestani dirige Timeloss, in cui quegli stessi protagonisti si incontrano, dodici anni dopo, per ridoppiare la versione DVD di quel vecchio spettacolo. E il teatro si trasforma ben presto in una stanza infestata dai fantasmi.
Nel 2001 il regista prodigio iraniano Amir Reza Koohestani raggiungeva la celebrità mondiale portando attraverso i continenti uno spettacolo fulminante: Dance on Glasses. In scena stavano, seduti per tutto il tempo, un attore e un’attrice immersi in una conversazione. Racconta lo stesso Koohestani che non si trattava di una scelta di concetto: semplicemente il loro budget non gli permetteva di “muovere le luci”. Più tardi però, a un mese dal debutto, il regista allora ventiduenne chiudeva una storia d’amore, rimanendo talmente spossato da non riuscire a trovare le forze per alzarsi da un sedia. Un escamotage soltanto apparentemente pratico si rivelava così per quello che era: l’intuizione geniale di un artista che aveva proiettato se stesso nel proprio lavoro. Una delle metafore più forti del dolore per la fine di un amore nasceva in quel momento, destinata ad attraversare i palcoscenici dei Paesi più disparati rimanendo intatta nella sua potenza e immediatezza: inchiodati alle loro sedie, separati da un lungo tavolo, i protagonisti della pièce consumavano l’ultima conversazione della loro storia d’amore come storditi all’idea che forse qualcosa, fino all’ultimo, non fosse stato detto, qualcosa che avrebbe potuto cambiare tutto. Consumati dalla passione, sbalorditi dalla fine della loro relazione, incapaci di andarsene dalla scena. Dodici anni più tardi, eccoli di nuovo insieme sul palco per Timeloss, presentato per la prima volta a Ginevra nel 2013. Lo spettacolo si svolge infatti in uno studio di registrazione in cui i due sono stati convocati per ridoppiare la versione video della pièce, che sta per uscire in DVD. Sono sempre loro: l’insegnante di danza e la sua musa: Shiva. In alto sulle loro teste ci sono due schermi con le immagini filmate di Dance on Glasses, ma i due non siedono più allo stesso tavolo, non si guardano nemmeno. Non si sono più rivisti dalla separazione.
È impossibile riavvolgere la loro storia d’amore, ma altrettanto impossibile è dimenticarla. Ha inizio così uno spettacolo di rara delicatezza, che ricuce (o forse no) i frammenti di un discorso amoroso, iraniano, oggi. Koohestani dimostra con un testo fortemente allusivo tutta l’arte del dialogo propria della sua scrittura, attenta a tracciare le sfumature di un incontro segnato dalla tensione e dall’emozione, sul filo di un presente che parla del passato attraverso una registrazione video. Un dispositivo semplice, un gioco aperto, diretto, che i due attori Mohmmadhassan Madjooni e Mahin Sadri conducono magistralmente fino alla fine. «Dopo molti anni torno a Dance on Glasses. Gli spettatori della pièce, come me, sono invecchiati – commenta Amir Reza Koohestani – Dal 2006, anno delle ultime rappresentazioni, ho rivisto molto raramente gli attori dello spettacolo. Il mondo è cambiato. Saddam è morto, la Spagna ha vinto la coppa del mondo, Ahmadinejad, Bush et Sarkozy sono arrivati al potere e se ne sono andati, tutto è cambiato.
Non sono più quell’uomo giovane e arrabbiato. Per essere arrabbiati, bisogna aver fede in qualche cosa, in una strada, una verità, e in più avere la forza di combattere per intraprenderla. Ammetto che non ho niente di tutto questo oggi. Né le mie certezze di allora, né la forza per battermi». In scena va dunque uno spettacolo che è un gioco di fantasmi: quelli dei due vecchi amanti, e quelli dell’Iran e del mondo intero quasi venti anni dopo. A poco a poco, con un effetto a specchio, il passato inizia a interferire con il presente, e le linee temporali iniziano a fondersi fra di loro. «Timeloss è il frutto di questo momento. È una pièce che non propone una risposta, perché il suo autore è tanto scottato dagli avvenimenti quanto i suoi spettatori. Lascio le risposte e le soluzioni ai politici e alle trasmissioni televisive. Il mio teatro continua ad essere quello dell’incapacità degli uomini e delle donne di alzarsi. Forse è diventato leggermente più pessimista.
Timeloss è uno spettacolo di negazione del sé. Tratta del passato, non per rimpiangerlo, ma per rifiutarlo. Più precisamente, non tratta del passato, ma dello sguardo sul passato. Poco importa dunque che abbiate visto Dance on Glasses, che non è qui che un oggetto, un pretesto per guardare all’indietro. Come un Orfeo che si gira e guarda, pur sapendo che così facendo rischia di cambiare il suo destino».

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