Romeo e Giulietta
La Stagione di Progetti 14-15 del Teatro di Roma continua il percorso dedicato all’universo shakespeariano con le parole d’amore di Romeo e Giulietta che la regia di Tonio De Nitto, nell’adattamento e traduzione di Francesco Niccolini, trasforma in una commedia corale per raccontare lo scontro generazionale fra madri, padri e figli, in scena da giovedì 5 marzo (ore 21) al Teatro India.
Dal 5 all’8 marzo al Teatro India debutta
Romeo e Giulietta
di William Shakespeare
adattamento e traduzione di Francesco Niccolini
regia di Tonio De Nitto
con Lea Barletti, Dario Cadei, Ippolito Chiarello,
Angela De Gaetano, Filippo Paolasini, Luca Pastore, Fabio Tinella
scenografie di Roberta Dori Puddu
realizzazione scene L.C.D.C. luminarie Cesario De Cagna
costumi di Lapi Lou – Luci di Davide Arsenio
PRODUZIONE FACTORY COMPAGNIA TRANSADRIATICA
La Stagione di Progetti 14-15 del Teatro di Roma continua il percorso dedicato all’universo shakespeariano con le parole d’amore di Romeo e Giulietta che la regia di Tonio De Nitto, nell’adattamento e traduzione di Francesco Niccolini, trasforma in una commedia corale per raccontare lo scontro generazionale fra madri, padri e figli, in scena da giovedì 5 marzo (ore 21) al Teatro India.
Due adolescenti di una comitiva che si cancella per sempre nel tempo di un paio di giorni: Romeo e Giulietta diventano il segno della tragedia che ha sconvolto una comunità. Sono il vuoto, le morti innocenti, i desideri irrealizzati e la capacità di sognare. Una foto che ritrova vigore e carne per poi consumarsi e scolorirsi di nuovo. Romeo e Giulietta è chiedersi quanto i genitori amino veramente i figli, quanto possano capirli, quanto invece imparino a farlo troppo tardi. Un meccanismo perfetto, un ingranaggio linguistico e scenico in cui tutto è gioco e capriccio, dal ritmo e dal tono scherzosi, fino alla morte dei compagni, fino al rimpianto più feroce e alla colpa. Così le parole d’amore di Romeo e quelle di Giulietta ci raccontano le problematiche relazionali all’interno del nucleo familiare, l’enorme distanza di aspettative fra madri, padri e figli, che nella tragedia shakespeariana conduce all’inspiegabile cancellazione, in un attimo, di un gruppo di amici e all’annientamento di due famiglie.
«Quando Tonio De Nitto mi ha proposto di adattare alla sua compagnia quel testo, mi è venuta un’idea al limite dell’incoscienza: non accontentarmi di adattare una traduzione esistente, ma ritradurre in rima, così come nell’originale shakespeariano – annota Francesco Niccolini – piano piano la mente si abitua ai nuovi ritmi e le dita corrono sui versi, sulle rime, sui giochi di parola. Più un’intuizione di Tonio: scrivere i dialoghi dei due innamorati non in rima, ma nella prosa più semplice e piana possibile. Una grandissima idea, perché l’amore che ti fulmina non ha bisogno delle regole e delle forme che servono per relazionarsi con il mondo, soprattutto quel mondo ostile e vigliacco nel quale prevalgono violenza e arroganza […] Ed è questo il motivo per cui amo tanto Romeo e Giulietta: perché racconta la colpa più grave in assoluto di cui noi essere umani ci macchiamo e subiamo allo stesso tempo, la soppressione dell’infanzia e dell’adolescenza. Una soppressione che tutti piangono, perché tutti siamo stati ragazzi e poi tutto è finito. Lavorare, parola dopo parola, verso dopo verso, al Romeo e Giulietta di William Shakespeare mi sembra il più bel modo per invecchiare senza perdere di vista l’importanza della giovinezza: la propria, quella dei genitori, e degli adulti che un giorno saremo: non c’è niente da fare, ci ricorda Shakespeare, la giovinezza morirà per tutti. A noi trovare un modo, un miracolo, perché non muoia. Allora impariamo le parole d’amore di Romeo e quelle di Giulietta».
Lo spettacolo, in replica venerdì 6 (ore 10.30), sabato 7 (ore 17) e domenica 8 marzo (ore 21), si inserisce all’interno del progetto SHAKESPEARE ALLA NUOVA ITALIANA, l’articolato programma di attività e spettacoli che il Teatro di Roma dedica all’opera del Bardo che, ancora una volta, valica il limite temporale per riflettere sul nostro presente.