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In fondo al campo

Teatro Torlonia, 27 – 28 – 29 novembre 2024

di Giulia Bartolini
con Zoe Zolferino e Grazia Capraro
regia e drammaturgia Giulia Bartolini
con Grazia Capraro, Zoe Zolferino
musiche Vanja Sturno
scene Compagnia KARL

Prima nazionale
ore 20.00

 

 

Sinossi
Centro della Sardegna, un piccolo villaggio, una grande casa, un campo d’orzo, oggi. Ci vive da sola una donna: “Miss Ufo”, così la chiamano in paese. La sua è una storia da pazzi, di quelle che vanno in onda alle quattro del mattino sul canale 352. Dice di essere stata rapita dagli alieni. Un giorno arriva Martha, lavora per una piccola tv privata, deve intervistarla.

Note di regia
“Non credere alle altre donne quando ti dicono …che non succede… bugiarde, vigliacche… a me è successo…avevo un cervello che riempiva tutto il cranio eh… roba grossa, tanta roba… e invece… pam, sono arrivati loro, lui… lui… e niente tutto sparito… come un colpo di fucile alla testa… io stavo di spalle… e tutto quel cervello, eccolo… materia grigia spiaccicata, poltiglia sulle pareti, sangue… è successo laggiù, in fondo al campo.”
“In fondo al campo” parla di buchi neri, di ciò che non riusciamo a dimenticare, di come lo trasformiamo, di ciò che ci rimane attaccato addosso. “In fondo al campo” parla di amori mancati, di passanti perduti, di dolori non lavorati, mai superati, di tutto ciò che irrazionalmente ci travolge e ci spezza. Attraversiamo una contemporaneità che è ormai al limite di quel buco nero, complessa eppure svuotata, che cerca di sopravvivere reinventandosi, mentendosi. E così facciamo noi, figli, ormai, di una mancanza quasi totale di fede, crediamo solo in ciò che vediamo, tocchiamo; ci arrendiamo presto, presto invecchiamo.
In fondo al campo è un testo al femminile ma non femminista, che racconta i lati luminosi quanto quelli più oscuri di una donna, di un essere senziente e razionale travolto dall’irrazionale; sfioriamo il tema dell’estraniamento, il concetto dello spazio-tempo di Einstein, la questione della singolarità tanto dibattuta nella fisica moderna.
Lucia non è solo traumatizzata dal suo rapimento: il suo tempo perduto (Proustiano), è un tempo rimpianto, in quanto tempo in cui ancora tutto è possibile, in cui ciò che non ricorda può diventare ciò che desidera o rimpiange, che sia reale o meno. Il racconto di Lucia si dipana all’angolo degli occhi e della bocca, sempre sfocato, mai definito. Un racconto sulla fede, sull’amore, sul dolore, sull’abbandono, su come una donna è in grado d’aspettare, se serve, anche per tutta la vita, vicino a quello stesso campo. Che tornino, che qualcuno torni a prenderla.

foto di scena Francesca Cassaro

produzione Flautissimo Festival/Stefano Cioffi e Compagnia KARL
in collaborazione con il Teatro di Roma – Teatro Nazionale

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