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La cerimonia

28 – 30 maggio 2015

da Euripide, A. Cechov, A. Campanile
adattamento Attilio Marangon
regia Roberto Gandini
laboratorio teatrale integrato Piero Gabrielli

Lo spettacolo

“La Cerimonia” dedica per un’amica.

di Roberto Gandini

Siamo all’inizio di novembre 2014. Parlando con Luigia Bertoletti del nuovo saggio spettacolo del Laboratorio Teatrale Integrato “Piero Gabrielli”, le confesso di non avere idea del tema sul quale lavoreremo.

“ Tu fai sempre così – mi dice – ma in realtà hai già deciso tutto”

Non è vero, non so che pesci pigliare e sono preoccupato, soprattutto perché Luigia è malata e non possiamo condividere le scelte iniziali che di solito facciamo in tre: lei (l’insegnante), Irene Sarti (la neuropsichiatra infantile) e io, (il regista).

Dei ragazzi, all’inizio di un nuovo laboratorio, cerchiamo di sapere il più possibile, li osserviamo, impariamo a decifrare cosa dice il loro corpo, il loro sguardo, cerchiamo di capire quali sono le loro abilità teatrali, chi è timido ma si sbloccherà, chi aiuta i compagni in difficoltà. Proviamo ad avvicinarci senza forzare i tempi, con affetto, senza invadenza e impariamo a volerci bene.

Poi accade che Luigia muore e ci ritroviamo tutti al suo funerale, e capiamo che per dirle addio non ci basta quella cerimonia funebre. Abbiamo lavorato assieme per ventuno anni, dal 1994, condividendo paure e gioie, rischi e consensi. Non ci possiamo congedare da lei così. Per dirci addio ci serve qualcosa di più forte, gioioso, fisico, amoroso.

E’ così che nasce “La Cerimonia” il saggio che quest’anno dedichiamo a Luigia, uno spettacolo per dirle addio, uno spazio dove la nostra malinconia può mescolarsi a quella dei personaggi delle storie che raccontiamo, un posto dove le nostre vulnerabilità possono diventare invenzioni comiche, un‘occasione per stare vicini, magari ballando in cerchio, cercando di farle una dedica vitale, che coinvolga e appassioni anche chi non l’ha conosciuta.

I quattro brani che compongono il saggio-spettacolo “La Cerimonia” sono: Le Baccanti da Euripide, Le nozze da Anton Cechov, La visita di condoglianze da Achille Campanile, adattati da Attilio Marangon per i giovani interpreti, e poi c’è il quarto brano che è nato dalla codificazione delle improvvisazioni che i ragazzi hanno compiuto sulle musiche di Roberto Gori. Il brano, che abbiamo chiamato “Rito”, è una specie di rappresentazione di teatro-danza dove confluiscono paure e desideri dei ragazzi e di noi adulti, tradotti in segni e simboli come stessimo sognando ad occhi aperti.

Le Baccanti, Le nozze e Visita di Condoglianze, hanno in comune un rito o una cerimonia, ma sono riti celebrati forzatamente o ipocritamente. Che sia la violenza scatenata da Dioniso contro i tebani, o la grettezza degli invitati al matrimonio di Epaminond Maksimovic. L’ipocrisia è l’accusa più grave che i giovani muovono ai vecchi. E le cerimonie sono gli appuntamenti in cui l’ipocrisia si manifesta più chiaramente, specialmente se a quelle cerimonie gli adulti partecipano senza ideali, per abitudine o per calcolo.

Nasce da questo il quarto brano de “La Cerimonia”, Il Rito. Una situazione teatrale dove si possa vivere e condividere, pulsioni e desideri. Uno spazio dove le diversità e le fragilità trovano senso perché, anziché mancanze, diventano abilità emotive. Un luogo dove si possa evocare anche chi non c’è, che sia un dio greco, o un’amica lontana, troppo lontana.

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