Vai al contenuto

Friendly Feuer

28 – 30 aprile 2016

una polifonia europea
regia e drammaturgia Marta Gilmore
sulla base di una scrittura  collettiva

Lo spettacolo

Nell’anno di un centenario che mediaticamente celebra un eccidio quasi dimenticato, facciamo capolino sui campi della Grande Guerra. “Non passa lo straniero” si cantava quando il nemico risiedeva entro i confini di Schengen. Oggi sono altri i cimiteri dei morti senza nome e per loro non suona la fanfara. Disertare, impazzire, sottrarsi, come il fragile atto di chi si arrende. Oggi come allora il fuoco amico ti toglie il lustro di una fine gloriosa. Resta il silenzio, frammenti di discorsi, di lingue, e di esseri umani. Resta un corpo ritto, le mani alzate, che tenta di percorrere lo spazio che lo divide dalla parte avversa. Sparate al disertore. Friendly Feuer è uno spettacolo/performance sulla relazione fra l’Europa di oggi e quella di cento anni fa, quando esplose il primo conflitto mondiale. Le vicende individuali di diserzione, nevrosi di guerra e suicidio vengono giustapposte, per contrasto, assonanza o dissonanza, ad un presente precario e feroce. Mentre concetti quali nemico, straniero, codardia, coraggio e patria, vengono coniugati al passato, come al presente, senza fornire risposte esaustive, ma lambendo argomenti complessi per immagini, frammenti, evocazioni.

La drammaturgia

Inquadrabile nella più ampia categoria della “drammaturgia di scena” e in parte anche del “devising theatre”, il lavoro drammaturgico consiste nella continua interazione fra lo studio delle fonti, un lavoro di scrittura esterno alla sala prove, e la progressiva costruzione di materiali scenici, conducendo infine alla produzione di un testo che resta un’opera aperta, duttile e in continua evoluzione, da poter “tradire” ogni volta, o più specificamente, da riattualizzare e riscrivere in scena.

È una partitura testuale, spaziale e corporea rigorosa ma duttile, precisa ma permeabile, che ad ogni confronto con il pubblico viene aggiornata e riscoperta e nel tempo potrà arricchirsi di nuovi passaggi.

Note di regia

Un taccuino bianco, una distesa di neve. Di pagina in pagina viene abitato, scritto, strappato e poi ste­so nuovamente a coprire membra, parole, scie mute di azioni già fini­te.

In un’epoca che ti definisce per quello che “fai”, proprio quando questo fare si fa più evanescente, confuso e instabile, nell’anno di un centenario che mediaticamente ce­lebra un eccidio quasi dimenticato, facciamo capolino sui campi della Grande Guerra europea.

“Non pas­sa lo straniero” si cantava quando il nemico risiedeva entro i confini di Schengen. Oggi sono altri i cimiteri dei morti senza nome e per loro non suona la fanfara. Disertare, impaz­zire, sottrarsi, non già come presa di posizione di un soggetto colletti­vo, perché di questo bisogna pur es­sere capaci. Solo il singolo, fragile, e invisibile atto individuale di chi si arrende e fallisce. Oggi come allora il fuoco amico ti toglie il lustro di una fine gloriosa. Resta il silenzio, frammenti di discorsi, di lingue e di esseri umani. Resta un corpo ritto, le mani alzate, i piedi affondati in mezzo a cumuli di carta strappata. Spalle a chi guarda, di armi non ne ha. Sparate al disertore.

Marta Gilmore

Photo Gallery

Oltre lo spettacolo

Iscriviti alla newsletter