Giorni felici
31 marzo – 10 aprile 2016
di Samuel Beckett
regia Andrea Renzi
di Samuel Beckett
regia Andrea Renzi
In scena Winnie, sepolta fino alla vita in un cumulo di sabbia, e Willie, il marito. Mentre la sabbia ricopre inesorabilmente entrambi, Winnie chiacchiera senza sosta, in un’alternanza insensata di momenti che sono il cuore della straordinaria esplorazione beckettiana della vita, ai margini della follia. Scrive il regista Andrea Renzi: «È con emozione e timore che ci si accosta a Giorni felici, uno dei maggiori testi contemporanei che appartiene di diritto al canone del teatro del secolo breve. In questa pièce visione e scrittura sono tutt’uno e nella corrispondenza tra Beckett e Alan Schneider, il suo regista di riferimento statunitense, scopriamo come il romanziere, poeta, saggista è uomo di scena, attento ai dettagli e coinvolto nella misteriosa arte dell’attore… Il resto è il tenace corpo a corpo tra Nicoletta Braschi e Winnie. Una sfida sull’asse della fragilità e della resistenza, della logorroicità e del silenzio, della dipendenza e della solitudine, del riso e del pianto, dell’urlo e del canto. Noi, stretti nel terreno come lei, facciamo ricorso a tutte le nostre risorse per intrattenerci a lungo e ancora con la relazione vitale che più amiamo: il teatro».
Andrea Renzi
E’ con emozione e timore che ci si accosta a Giorni felici, uno dei maggiori testi contemporanei che appartiene di diritto al canone del teatro del secolo breve. In questa piece visione e scrittura sono tutt’uno e nella corrispondenza tra Beckett e Alan Schneider, il suo regista di riferimento statunitense, scopriamo come l’uomo di libro, il romanziere, poeta, saggista è fino in fondo uomo di scena attento ai dettagli dei materiali scenografici, alle luci, e intensamente coinvolto nella misteriosa arte dell’attore in un teatro che si offre come precisissima partitura per gli interpreti e sfugge alle riscritture delle regie “creative”.
Abbiamo dedicato una prima fase allo studio dello spartito senza ipotesi interpretative. Muoversi nel rispetto del dettato dell’autore e, nei margini definiti di questa strada stretta, sintonizzare i nostri strumenti di lavoro su una lunghezza d’onda tutta interna all’opera ci è sembrato un approccio naturale. Ci siamo interrogati sui preziosi documenti costituiti dai quaderni di lavoro del Beckett regista e sulle testimonianze dei suoi attori di riferimento, Jack Mac Gowran, David Warrilow e più in particolare Billie Whitelaw che da lui è stata diretta proprio in questo lavoro nel 1979 (una versione con piccole ma significative varianti).
Giorni felici ha rappresentato per Beckett, dopo anni di volontario esilio linguistico, un ritorno alla lingua madre, e ci è stato utile confrontare il testo inglese con la versione francese per meglio aderire alla versione italiana di Fruttero. Non si tratta di un atteggiamento filologico o di fedeltà all’autore ma della semplice necessità di una comprensione profonda. Abbiamo incontrato il Maesto Jurij Alschitz per un confronto aperto che ci ha schiuso nuove tecniche e metodi. Solo in una seconda fase di lavoro abbiamo cercato di personalizzare il margine di libertà che ci lasciava la partitura. Non è in contraddizione con quanto scritto sopra: un sorriso che cade, tanto per fare un esempio, ha infinite declinazioni. Quando Beckett, in risposta a Schneider che gli chiede suggerimenti riguardo il tono di una battuta del primo atto, risponde che il tono è la questione, ci invita alla misura della sottigliezza e all’avventura della nuance. Abbiamo cercato di non dimenticare mai che si tratta di un testo a due che richiede la tessitura di una relazione continua tra Winnie e Willie. Il controcampo dalla parte di Willie sarebbe davvero una riscrittura, un altro giorno felice con una sua autonomia che Beckett ci lascia solo intravedere, ma i suoi riflessi sulla protagonista sono determinanti tanto che l’iniziativa nel memorabile finale passa tutta a Willie.
Sono numerosi all’interno del testo i riferimenti al mondo del teatro: «strana sensazione che qualcuno mi stia guardando» dice la protagonista, interrogandosi anche sul parasole che ritorna sempre nella stessa posizione, il campanello interpretabile anche come segnale del chi è di scena, l’operetta come memoria condivisa della coppia Winnie e Willie, i vuoti di memoria e i trucchi. Abbiamo messo in evidenza questa linea. I segni della scena che abbiamo scelto, una collinetta e un paravento, si dichiarano in tutta la loro artificialità e i costumi e le luci, in filigrana, rimandano al mondo dello spettacolo: spalline con pailletes e cilindro e scarpe bicolore, una ribalta, un seguipersona. Il resto è il tenace corpo a corpo tra Nicoletta Braschi e Winnie. Una sfida sull’asse della fragilità e della resistenza, dei pieni e dei vuoti, della verbosità e del silenzio, del candore e della dolorosa consapevolezza, della regola e della libertà, della dipendenza e della solitudine, del riso e del pianto, dell’urlo e del canto, della grazia e del caso. Noi, stretti nel terreno come lei, facciamo ricorso a tutte le nostre risorse, a tutte le benedizioni travestite, per intrattenerci a lungo e ancora con la relazione vitale che più amiamo: il teatro.
Andrea Renzi
Nicoletta Braschi
Spaesamento.
Un uomo striscia.
Una donna piantata nella terra.
Tantalica Winnie, fedele alla vita, spara parole per difenderla, e fronteggia il vuoto.
Generoso Beckett con gli attori e la regia:
«Gira a destra, trattieni il fiato mentre pensi la parola, scavalca la virgola, guarda in alto».
Con maestria, Andrea Renzi ci guida attraverso la rigorosa partitura di Giorni felici, tiene saldamente
la rotta della verità per farci sbucare in una radura di gioiosa libertà, premio di questa caccia al
tesoro orchestrata per voi e per noi da Samuel Beckett.
Nicoletta Braschi
ore 21
3 – 8 – 10 aprile ore 19.00
lunedì riposo
durata 1 ora e 20 minuti più intervallo
traduzione Carlo Fruttero (Giulio Einaudi Editore)
con Nicoletta Braschi e Andrea Renzi
scene e costumi Lino Fiorito
luci Pasquale Mari
suono Daghi Rondanini
Produzione Melampo e Fondazione del Teatro Stabile di Torino