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Prima nazionale

Emilia

26 marzo – 23 aprile 2017

scritto e diretto da Claudio Tolcachir

 

Lo spettacolo

La disconnessione tra le persone e la presenza di amore incondizionato, che resiste al tempo e allo spazio, sono alla base della drammaturgia di Emilia. “Ho iniziato a scrivere Emilia in seguito all’incontro, dopo molti anni, di una signora che era stata mia tata da bambino. Ricordava moltissime cose di me che io avevo completamente dimenticato e questo ha fatto nascere in me una specie di senso di colpa per questa sproporzione dell’amore. Sono sempre stato commosso da quelle persone che hanno un ruolo tale per cui scelgono di occuparsi completamente degli altri. Ecco, il personaggio di Emilia ha bisogno di prendersi cura degli altri. Ed è proprio che qualcuno abbia bisogno di lei che la mantiene in vita.” – racconta il regista Claudio Tolcachir. Emilia è uno spettacolo sulla famiglia, o meglio, sull’aspetto familiare, e su quanto si può generare in un nucleo di persone strettamente connesse, indagando la loro rete segreta di relazioni. Le cose accadono e si narrano quasi allo stesso tempo, il presente, il passato e il futuro si compenetrano vicendevolmente. Così la tata Emilia, incontra per caso, dopo vent’anni, il bambino che aveva cresciuto, divenuto ormai un uomo di successo. La donna subentra allora nella sua nuova complicata famiglia, parlando al pubblico e raccontando la sua storia, mentre i personaggi improvvisamente la includono nei loro dialoghi. Un vortice di sentimenti per uno spettacolo commovente e magnetico. Claudio Tolcachir con questo lavoro dà ancora una volta l’esempio che il teatro, come diceva Stanislavsky, può catturare l’anima, rende più sensibili, più vulnerabili, più delicati, pervasi dalle innumerevoli intense emozioni.

Note di regia

Il mondo è doloroso e per questo motivo, poco a poco, alle volte, ci si disconnette da quanto ci fa male. Se non lo facessimo sarebbe
impossibile vivere.
Ho l’impressione che oggi la disconnessione dall’altro, da quanto gli altri vivono e sentono, sia fortissima. Viviamo nella necessità di trovare pace e per questa ragione sentiamo di doverci allontanare dal dolore altrui.
A volte anche dall’amore che gli altri possono provare per noi.
In questo lavoro appare con forza l’idea della disconnessione tra le persone. La disconnessione è proprio il meccanismo disfunzionale
alla base della drammaturgia di Emilia. Lo sguardo di Emilia ci serve per mettere insieme i pezzi di questa storia, per ricostruirla.
Mi hanno spesse volte chiamato “esperto di famiglie”, ma per me la famiglia non è altro che un’occasione per poter parlare di molte
altre cose. Non mi importa in sé l’aspetto familiare, ma quanto si può generare in un nucleo di persone strettamente connesse. La
loro rete segreta di relazioni.
Ho iniziato a scrivere Emilia dopo aver incontrato dopo molti anni una signora che era stata mia tata da bambino. Ricordava moltissime cose di me, cose che io avevo completamemte dimenticato e questo ha fatto nascere in me una specie di senso di colpa per questa sproporzione dell’amore.
Sono sempre stato commosso da quelle persone che hanno un ruolo tale per cui scelgono di occuparsi completamente degli altri.
Essendo un lavoro, peró, si tratta di amore a pagamento. Ecco, il personaggio di Emilia ha bisogno di prendersi cura degli altri. Ed è
proprio il fatto che qualcuno abbia bisogno di lei che la mantiene in vita.
Claudio Tolcachir

Photogallery

Oltre lo spettacolo

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