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Prima nazionale

Mura

8 marzo – 1 aprile 2017

ideazione, progetto, messa in scena, esecuzione Riccardo Caporossi

 

Lo spettacolo

Un quadro visivo, una “scatola teatrale” completa e autonoma e circa 50 mattoni che vanno a comporre un muro, dietro il quale c’è una superficie su cui si proiettano ombre che si concretizzano in forme: mani, scarpe, cappelli, scale, bottiglie, cannocchiali, bastoni, ombrelli. Mura è uno spettacolo che rimuove gli ostacoli attraverso l’immaginazione, che smantella quelle barriere che ancora oggi sono motivo di divisioni, quelle cortine immateriali e invisibili fatte di odio, paura, mancanza di immaginazione, e quelle costruzioni mentali e costrizioni sociali che rendono prigionieri e separano gli uomini per razza, religione, cultura e ricchezze. Si parla ora, e tanto, dell’Europa dei muri. Frontiere che sbarrano mettendoci di fronte ad “un vicolo cieco”. Si parla ora, e tanto, di abbattere questi muri. Non basta presentare il problema. Una vera e propria ricerca di significato sui gradi di conoscenza tra immagine rappresentata e la sua vera natura. Il muro ne è lo spartiacque e può svelare qualcosa che altrimenti rimane nascosto. Un prologo verbale tra ombre e suoni ad esse connessi introduce il pubblico di fronte al muro; costretto con lo sguardo fisso come si fosse in fondo ad un vicolo cieco. Da qui inizia un gioco che si svolge in toni fantastici, surreali, ironici per terminare nel lungo elenco dei muri che dividono il mondo. Circa quaranta anni dopo Cottimisti, Riccardo Caporossi riporta in scena “i mattoni” con una performance che unisce l’arte e un teatro essenziale, costringendo lo spettatore ad osservare il dettaglio, il tempo dei gesti, i silenzi tra le cose. Un gioco particolare che si svolge in toni fantastici, surreali, ironici per terminare nel lungo elenco dei muri che dividono il mondo.

Renato Palazzi
Il Sole 24 Ore
Mura è un gioiello di grazia e intelligenza.
Nel 1977 Rem & Cap avevano realizzato una delle loro proposte più celebri, Cottimisti, in cui erigevano un vero muro, inventando praticamente gesti, azioni differenti per ogni mattone che sistemavano. Ora quella situazione viene ripetuta in un certo senso all’inverso, e in chiave più minimalista: il muro di mattoni è già presente su una piccola ribalta, un muro reale e insieme simbolico, emblema di tutte le costruzioni ordite dall’uomo per dividere, «separare», e il contenuto dello spettacolo consiste nell’inesauribile varietà di modi in cui due mani – le sole entità visibili – si applicano per smontarlo.
Tolti dal muro, e disposti in cima ad esso, i mattoni vengono via via composti in mille forme diverse, torri, castelli, palazzi merlati, per essere poi fatti sparire con un rumore secco, in una nuvoletta di polvere. E dalle porte e dalle finestre di quegli edifici in miniatura le mani coadiuvate da scalette, periscopi, binocoli, secchielli – mimano ogni sorta di brevi storie, si attirano, si respingono, si difendono, assumendo a propria volta, secondo le situazioni, caratteri diversi, ora amichevoli, ora ostili, ora inquietanti.

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