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Orgia

12 – 15 gennaio 2017

di Pier Paolo Pasolini
regia e spazio scenico Licia Lanera

Lo spettacolo

Vittima refrattaria al Potere a cui per questo è negato l’uso della parola, la protagonista di Orgia nella meravigliosa messa in scena di Fibre Parallele, è chiusa in un mondo a sé, claustrofobico e lontano dal resto delle cose di fuori, a farsi scontrare addosso le violenze e le pulsioni libere dai lacci sociali. Una poltrona nera e due microfoni delimitano la scena. Tre differenti pannelli, raffiguranti pitture del seicento, scendono a chiudere tre simboliche stanze della memoria. “Ci sono due mondi – spiega Licia Lanera – uno fatto di paesaggi sconfinati, consolazioni, sorrisi sicuri, inconsapevolezza e armonia, alberi di gelsi, antenati: ‘Il mondo era così da almeno dodicimila anni’. E un altro, quello della camera dei due sposi, fatto di violenza e paura, di piacere e rimorsi. L’uomo e la donna riescono veramente a comunicare tra loro solo attraverso il linguaggio del corpo, il più violento. Ne ho fatto un unico ragionamento chirurgico e straziante su come è costretto ad affrontare la propria esistenza chi non riesce in nessun modo ad essere dalla parte del potere.”

Fuori dai recinti delle sottomissioni, c’è una figura in sottana e cappuccio che, sola, si disfa il corpo di sadomasochismi che sono “rito della violenza, voluto e desiderato, con cui cercare di sfuggire ai meccanismi della storia”. Va in scena un combattimento tra le diverse anime di chi non trova il proprio posto dentro la società, “ragiona e scalcia, piange, ferisce, si nasconde, si offre e alla fine muore. Muore due volte, muore un’infinità di volte. Si ammazza. Poiché solo nella morte si concretizza la volontà di essere liberi. La mia Orgia – continua Licia Lanera – è la tragedia di chi non sa stare al mondo. Negando la sua definizione (non più tre, ma due: uno che è sia Uomo che Donna, più una ragazza), io sono un’unica voce e un unico corpo che racconta l’impossibilità di un essere umano a sottostare a certe leggi sociali, a subire l’inganno della lingua, a imprigionare il corpo in azioni ripetitive, sempre le stesse nel corso della storia”.

Oltre lo spettacolo

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