Gioie e dolori nella vita delle giraffe, scritto dal drammaturgo portoghese Tiago Rodrigues e ora messo in scena dal regista Teodoro Bonci del Bene, è una favola straniata e straniante sui contrasti, le disarmonie e gli opposti che caratterizzano la nostra sfuggente realtà.
«Chi è Giraffa, cosa fa Giraffa, la protagonista? È una bambina di nove anni» racconta Vincenzo Arsillo, traduttore del testo, «troppo alta per la sua età, che deve svolgere un compito: fare una ricerca sulle giraffe. E in questa ricerca, attraverso questa ricerca, inizia un vagabondaggio nella Lisbona di oggi, e di sempre e di mai, dove ogni incontro è un indizio e una complicazione, una rivelazione e un disincanto, una ferita e una risata. E tutto questo è giocato dall’autore su infiniti e sottilissimi scarti linguistici, delicati e profondi come sogni reali o come immagini rivelatrici e insensate. E così nella ampollosità innaturale di Giraffa, che parla spesso per definizioni e che riproduce imperfettamente registri linguistici elevati in contesti di comunicazione che immagineremmo informali, si riflette il turpiloquio pervasivo del peluche Judy Garland. Tutto ci parla di contrasti e di dismisura, la vera cifra segreta del testo».
La ricchezza di questa «scena teatrale di formazione» firmata da Tiago Rodrigues si amplifica nella messa in scena di Teodoro Bonci del Bene, che chiama in causa, per dare corpo allo spettacolo, l’universo dissonante delle «subculture, ovvero di quei gruppi che hanno espresso nella storia della collettività una forma di socialità non istituzionale, distinguendosi dalla cultura di massa per comunione di stili di vita e visioni del mondo diverse rispetto a quelle imposte dal mainstream. Spesso identificate come devianti e pericolose, le subculture hanno trovato il proprio habitat naturale nell’undergound e, a seconda dei casi, sono state assorbite e riadattate al consumo di massa».
Così, nella lettura di Teodoro Bonci del Bene, i personaggi di Gioie e dolori nella vita delle giraffe sono stati costruiti ispirandosi ad alcune delle più importanti subculture del Novecento, dando loro precise connotazioni estetiche e iconografiche che emergono nella scelta di capi di abbigliamento e codici comportamentali.
Divertendosi a intessere un gioco di codici e linguaggi non solo verbale, ma anche visuale, lo spettacolo inizia il suo percorso socio-culturale dalla periferia inglese della fine degli anni ’60: qui i giovani proletari, criticando il progressivo imborghesimento della working class, iniziano a rasarsi la testa, indossare bretelle, polo Fred Perry, blue jeans attillati e scarponi da lavoro. Nasce il movimento skinhead a cui si ispira il personaggio di Judy Garland (alias il vecchio, alias il bancario del pacchetto di zucchero) che, come tutte le “teste rasate” dell’epoca, ripudia lo stile di vita aristocratico, parla di temi legati al lavoro in fabbrica e si aggrega ad altri skinhead per ascoltare musica reggae e ska importata dai fratelli neri jamaicani, i cosiddetti rude boys.
Dall’America glam e punk Rock dei primi Settanta, quella di David Bowie che sta producendo l’album di esordio di Lou Reed, Transformers, quella della Lower East side di Manhattan, quella dei Television, i Ramones, i Blondie e Patti Smith, arriva invece il padre/madre di Giraffa (alias Cechov): costumi androgini e make-up, grande presenza scenica e sessualità.
Dallo stesso periodo, più a nord, dal Bronx in fiamme e dalla cultura afroamericana che inizia a far sentire la propria voce grazie ai block party (feste di strada) dove b-boys e fly-girls ballano la break dance su basi campionate dal soul e dalla disco music, iniziando a vestirsi da biker e coprendo il giubbotto di pelle (o denim) con toppe di ogni genere, giunge l’immagine del personaggio di Giraffa.
Infine, la quarta e ultima figura dello spettacolo, Pantera (alias poliziotto, alias il minacciato primo ministro Pedro Passo Coelho), vede i suoi contorni arrivare dallo sfondo della scena hip hop, ormai imponente fenomeno commerciale che, lasciati i panni larghi tipici dei ballerini di break dance, è nei nostri occhi per l’abbigliamento cool e formale dello streetwear di moda oggi. Orologi d’oro e gioielli alle mani stanno a suggerire prestigio e benessere.
Gioie e dolori nella vita delle giraffe va in scena nel 2018, anni della generazione Y e dei social media, dove tutte le sottoculture si re-incontrano e si influenzano a vicenda in uno scenario virtuale fluido e privo di confini tangibili.