Se la rivoluzione d’ottobre fosse stata di maggio è la frase che si trova ancora oggi incisa su una lapide a Ponte Garibaldi a Roma: si tratta del primo verso di una poesia dedicata a Giorgiana Masi, lì uccisa a diciotto anni il 12 maggio 1977, nel corso di una manifestazione. L’episodio che resta a tutt’oggi senza colpevoli diventa l’occasione per una messa in scena che mescola cronaca e poesia, affabulazione e ricostruzione, passato e presente: cercando di fornire uno sguardo su una ferita, cioè su una memoria ancora sanguinante. La memoria esiste solo se scomoda, solo se di parte, solo se non finge ipocritamente la pacificazione ad ogni costo. Il racconto di quel giorno di maggio, a quarantadue anni esatti di distanza, nel giorno dell’anniversario, suggerisce un confronto con episodi simili, con morti simili, per scoprire un filo rosso che lega figure ed eventi lontani nel tempo e nello spazio che possono essere decifrati secondo la stessa logica, soprattutto fornisce il pretesto per un confronto generazionale che, nel sottolineare le differenze, ritrovi anche le analogie tra ragazzi e ragazze di ora e di allora che vivono la fragilità di un presente che li emargina, li opprime, li rimuove.