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Augusto

8 – 9 settembre 2019

di Alessandro Sciarroni

Lo spettacolo

Il Leone d’oro alla carriera della Biennale Danza 2019, Alessandro Sciarroni, presenta sul palco dell’Argentina Augusto, spettacolo ospite della rassegna sulla coreografia contemporanea Grandi Pianure a cura di Michele Di Stefano. Un omaggio alla figura dell’Augusto, il clown che combina disastri e riceve schiaffi finti, per una ricognizione sul bisogno umano di sentirsi amati e sulla sofferenza. Per ridere di tutto, anche della violenza, anche se ci si è fatti male sul serio.
Grandi Pianure, la rassegna sulla coreografia contemporanea a cura di Michele Di Stefano, presenta uno degli artisti italiani di più ampio successo internazionale con tournée in tutto il mondo, Alessandro Sciarroni, Leone d’oro alla Biennale Danza, che porta sul palco dell’Argentina Augusto, un’ardita ricognizione sul bisogno di sentirsi amati e sul dolore. La pratica fisica e vocale attraverso la quale viene concesso agli interpreti di esprimersi è esclusivamente quella della risata a oltranza. In questa maniera, gli interpreti del lavoro ridono per rappresentare gioia, euforia, commozione, così come sofferenza, rabbia e paura. Il titolo dello spettacolo è un omaggio alla figura dell’Augusto: il clown, il fool, l’idiota che combina sempre guai e che si orina addosso, sempre ubriaco, col naso rosso e che ride di tutto. Ma “augusto” significa anche imperiale, regale, autorevole, ed è il nome del primo imperatore romano. Eccoli allora, gli interpreti di Augusto, mentre ridono di continuo, senza concedere a loro stessi e al pubblico la possibilità di capirne la ragione. Eccoli, mentre camminano, corrono, si raggiungono e si abbracciano ridendo.
Eccoli ancora, mentre giocano e ridono come adolescenti. Mentre sono costretti da una forza misteriosa a organizzare il loro riso ritmicamente e sonoramente. Si ride anche della violenza, in Augusto. Come al circo: quando il clown inciampa, va a sbattere, combina disastri e per punizione riceve uno schiaffo finto dal suo collega. Si ride come ridono i bambini in Augusto, fino a quando non ci si accorge che ci si è fatti male sul serio.

Tutti possono affacciarsi su questo giardino periferico dopo essersi allontanati dal centro. Il centro delle decisioni, il centro della politica, il centro sotto chiave, protetto da vetri opachi, inaccessibile.
Il Trullo è un luogo della mente e tutta la periferia esistente può essere seme e frutto di poesia.
Noi esistiamo per dimostrarlo. Noi esistiamo per sporcare i passanti e i vicini del colore che ci è esploso dentro. Abbiamo deciso di lasciarlo fluire e di non arginarlo.Siamo un coro che vuole cantare l’amore e la rabbia, l’esperienza e la meraviglia, la provenienza e il viaggio.
Le vertigini di un sentimento sul cornicione dell’ultimo piano.
Lo scorrere, per le strade romane, di un fiume di versi diretto verso il Tevere, il mare, l’oceano.
Un coro che soffia e diffonde, da un piccolo pezzo di mondo chiamato Trullo, il vento poetico del Metroromanticismo.
Inumi Laconico

Oltre lo spettacolo

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