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Love

28 – 30 ottobre 2021

di Alexander Zeldin
con Amelda Brown, Naby Dakhli, Janet Etuk, Oliver Finnegan, Joel MacCormack
Hind Swareldahab, Daniel York Loh, Amelia Finnegan si alterna con Grace Willoughby

Lo spettacolo

Poco prima di Natale un centro di accoglienza offre una sistemazione (forse) transitoria a un gruppo d’individui: un uomo con la sua anziana madre, una coppia in attesa della nascita del proprio figlio, due persone migranti in transito. Si ritrovano a convivere forzatamente, in uno spazio abitativo condiviso per un tempo indefinito, un limbo in cui la vita è una costante attesa: quella per il bagno, quella per il saggio di fine anno, quella delle procedure amministrative utili per andare altrove. Tensioni e conflitti, promiscuità e vergogna, precarietà e tenerezza sostanziano questo incrocio di vite precipitate nella povertà eppure legate dall’amore che esplode nei piccoli rituali quotidiani, nella ricerca di una salvezza per sé e per gli/le altri/e. Classe 1985, Alexander Zeldin è scrittore, regista teatrale e cinematografico inglese. Ha lavorato in Russia, Corea del Sud e Medio Oriente, prima di sviluppare, tra il 2011 e il 2014, alcuni suoi lavori personali come insegnante dell’East 15 Acting School. Assistente alla regia per Peter Brook e Marie-Helene Estienne, nel 2017 Zeldin viene nominato Artista in Residenza al The National Theatre di Londra e nel 2018 vince la Fellowship for Literature per il 25° anniversario della Arts Foundtation. Dopo Beyond Caring, ospitato nei teatri di tutto il mondo, Love si occupa ancora una volta di temi politici e sociali, e dell’umanità da questi sottesa. Per le prove di Love – da cui la BBC e la Cuba Pictures nel 2018 hanno realizzato un film – sono state coinvolte per oltre due anni famiglie residenti in alloggi di emergenza.
Pur indagando le dinamiche della precarietà, le carenze del sistema di assistenza sociale e gli effetti negativi dell’austerity, Love non è però un documentario o un’accusa politica, ma un affresco sulla possibilità di lottare per la propria dignità, coltivando la speranza di una vita migliore. Con sguardo delicato, ironico, commovente, il regista inglese ci invita a percepire la natura tragica e miracolosa della vita, attraverso il suo realismo che, come scrive Le Monde, «non traccia la realtà ma la condensa, l’intensifica».

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