Sono passati due anni e mezzo da quando nella primavera del 2019, il Teatro di Roma, con la Federazioni Nazionale degli Infermieri (FNOPI), ha deciso di avviare il progetto L’arte di curare e di raccontare per la scrittura e la messa in scena di una pièce teatrale sulla figura dell’infermiere.
Il progetto triennale ha avuto diversi momenti di studio e di riflessione: una raccolta di storie e testimonianze da tutta Italia, tre workshop con infermieri/e, attori e attrici, studenti/e e cittadini/e, due restituzioni pubbliche, un ciclo di cinque puntate su Rai Radio Tre, e infine lo spettacolo La notte di Capodanno. In questi tre anni è accaduto l’inimmaginabile. La pandemia ha imposto al personale sanitario di essere continuamente alla ribalta in questa immane tragedia. È cambiata così la percezione nei confronti degli/lle infermieri/e: dal subire aggressioni durante il servizio, all’osanna dai balconi, dalle migliaia di disoccupati/e del 2019, alle precettazioni di ogni professionista disponibile.
Partendo dai racconti in continuo divenire degli/le infermieri/e di oggi, così come quelle piene di abnegazione e di resilienza di ieri, La notte di Capodanno si svolge in un tempo simbolico, in cui le storie raccolte sono diventate delle allegorie, passando di mano in mano, da paziente a infermiere, da attrice a spettatore.
Una notte surreale, in cui un tranquillo turno di notte si trasforma in un tempo frenetico, dove i destini dei/lle pazienti e degli/lle infermieri/e si mischiano e si confondo, in cui può apparire persino Florence Nightingale – inventrice dell’infermieristica moderna – per dare un consiglio a una giovane collega. La notte di Capodanno diventa così la notte della transizione, in cui le cose vecchie non sono poi così vecchie e quelle nuove sono ancora troppo nuove. La mattina del 1° gennaio tutto si rischiara. L’inesattezza dell’esistenza riprende forma. Rimane il desiderio di prendersi cura l’uno dell’altro, la voglia o la promessa di non lasciarsi soli di fronte all’incertezza del futuro.