Un narratore e il rito di un racconto intorno al fuoco, le ombre che vengono animate e la forza antica di una fiaba.
Partendo dalla traduzione di Gramsci e dalla prima versione dei Grimm, la fiaba prende vita in un gioco continuo di rimandi ed evocazioni tra parole, visioni, musiche: è la madre ad essere invidiosa di Biancaneve, non la matrigna. Una scelta che nasce dalla necessità di restituire autenticità al racconto e illuminare da vicino il conflitto tra generazioni.
Lo spettacolo si compone tra intensità espressiva delle musiche e suggestioni delle scene, sette grandi schermi neri da cui nascono ombre che si fanno personaggi, paesaggi, condizioni emotive. Lo stesso specchio della regina è uno schermo nero: il suo non è un riflesso cieco, ma una finestra che rivela ciò che si agita in un cuore invidioso. Biancaneve troverà la sua strada, ma non succederà come d’incanto. Dovrà avventurarsi nell’oscurità del bosco per scoprire la sua natura più profonda ed imparare ad abbracciarla.