I furiosi
Dal 13 al 28 febbraio al Teatro India è di scena un’epica corale e picaresca, dentro e fuori la curva, che parla del nostro tempo attraverso uno dei suoi miti più popolari. Narrativa ultras per il debutto in prima nazionale dello spettacolo I furiosi, tratto dal romanzo di Nanni Balestrini, diretto da Fabrizio Parenti, una produzione Teatro di Roma che, dalla cronaca all’epica della curva, prova a raccontare l’Italia e lo spettro delle utopie infrante di intere generazioni.
Dal 13 al 28 febbraio al Teatro India
in prima nazionale
I FURIOSI
tratto dal romanzo di Nanni Balestrini
regia Fabrizio Parenti
drammaturgia Federico Flamminio e Fabrizio Parenti
con Giampiero Judica, Fabrizio Parenti, Alessandro Riceci, Josafat Vagni
scene e costumi Massimo Bellando Randone – video Francesca del Guercio
assistente alla regia Carla Chiarelli
Produzione Teatro di roma
Un poema in prosa per parlare di ultras, visti come cavalieri erranti dediti all’ultimo codice cavalleresco rimasto, quello che sotto la bandiera della violenza e della fedeltà alla propria squadra di calcio riunisce tutte le anime sole e senza patria. “La violenza è bella perché ce l’abbiamo nel sangue – si legge nel testo di Balestrini – la bellezza di quando spacchi tutto è un momento che ti esalta quando vedi la fiammata o il poliziotto che scappa o quando arriva il blindato e sei in mezzo a un carosello quando senti i vetri che cadono l’odore dei lacrimogeni le fiammate delle molotov la gente che corre le urla è un attimo che sale sale sale e poi in un attimo esplode”. È da questo materiale letterario che nasce uno spettacolo fatto di corpi e voci, di energia insensata e di commovente ironia in cui il racconto della guerra tra curve assume le parvenze dell’Iliade o delle chanson de geste al termine del mondo, laddove fuori da uno stadio qualcuno combatte l’ultima battaglia rimasta per sentirsi vivo.
A portare in scena l’epica della curva, lo stadio che rimbomba, i lacrimogeni, la rissa, la disperazione, il vuoto, la festa, sono Giampiero Judica, Alessandro Riceci, Josafat Vagni e lo stesso Fabrizio Parenti, insieme per mostrare come la verità non muore, non invecchia; mostrare come, attraverso un viaggio da Milano a Cagliari, si possa narrare l’Italia, la perdita dell’innocenza politica, lo spettro del fallimento di intere generazioni, il nichilismo di chi ha creduto di poter cambiare la realtà e l’illusione permanente di chi si sente altro dalla società che ingabbia, offende, esclude. “L’appartenenza e l’epica sono sparite dalla nostra vita negli ultimi quarant’anni. Sono state cancellate a colpi di individualismo e revisionismo tutte le idee di gruppo, tutte le forme aggregative della politica e della società, il conflitto e l’appartenenza di classe – annota il regista Fabrizio Parenti – non ci sono più bandiere sotto cui combattere insieme. Quindi serve crearsele, perché finché ci saranno uomini ci sarà sfida, finché ci sarà una legge ci sarà chi la sovverte in nome di una ribellione, di una radicalità, magari stupida, insensata, ma capace di darti una appartenenza, una comunità, una fede che è quello che cerchiamo fin dalla antichità”.
Attraverso proiezioni di eventi calcistici estrapolati dai tg, lo spettacolo restituisce alla scena parole e corpi di chi vive in perenne battaglia, senza più ricordarsi neanche cosa sia una partita di calcio, “vagando in stato allucinatorio in trasferte che sono spedizioni belliche, con la bandiera della propria squadra, nel nostro caso il Milan ma è secondario, una legge cavalleresca e l’appartenenza a un gruppo di liberi e uguali in cerca di qualcosa che non è più la politica, la speranza di cambiare il mondo ma è il noi contro loro. Che è un po’ quello che succede a teatro. Degli attori, un pubblico, una sfida. Senza giudizi, senza morale. Giochiamocela”.