Una casa di bambola
Dal 7 al 19 febbraio al Teatro Argentina
Una casa di bambola
di Henrik Ibsen
traduzione, adattamento e regia di Andrée Ruth Shammah
con Filippo Timi,
Marina Rocco (nel ruolo di Nora),
con la partecipazione di Mariella Valentini
e con Andrea Soffiantini, Marco De Bella, Angelica Gavinelli, Elena Orsini, Paola Senatore
spazio scenico Gian Maurizio Fercioni – elementi scenici Barbara Petrecca – costumi Fabio Zambernardi in collaborazione con Lawrence Steele – luci Gigi Saccomandi – musiche Michele Tadini
aiuto regista Benedetta Frigerio – assistente allo spettacolo Diletta Ferruzzi – direttore dell’allestimento Alberto Accalai
pittore scenografo Santino Croci – direttore di scena Marco Pirola – macchinista costruttore Tommaso Serra
elettricisti Domenico Ferrari, Gianni Gajardo – fonico Matteo Simonetta – responsabile sartoria Franco Parenti Simona Dondoni
sarta Caterina Airoldi – produzione Maria Zinno – assistente di produzione Caterina Floramo
scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti e FM Scenografia
Si ringraziano Susanna Beltrami e Francesca Gilardi Quadrio Curzio
Produzione Teatro Franco Parenti/Fondazione Teatro della Toscana
Torna l’estro istrionico di Filippo Timi che, dal 7 al 19 febbraio al Teatro Argentina, porta in scena una insolita edizione del capolavoro di Henrik Ibsen, UNA Casa di bambola, nell’intrigante versione diretta, adattata e tradotta da Andrée Ruth Shammah.
A quasi 140 anni dalla sua stesura, Casa di bambola è da annoverarsi tra i testi immortali del teatro, tuttora tra i più rappresentati con successo in ogni angolo del mondo, sempre attuale perché universale nel tema dell’eterno conflitto tra l’identità maschile e quella femminile. Da regista donna, Shammah indaga il crollo del “maschile” contemporaneo, posando la sua attenzione non sulla donna che si ribella, ma sulla solitudine dei personaggi maschili, tutti interpretati da Filippo Timi, mattatore debordante e altamente introspettivo nei molteplici panni del marito, del dottore e dell’usuraio. La volontà registica è quella di sviscerare i rapporti tra i diversi e sofisticati ruoli maschili e femminili che popolano il testo ibseniano senza tuttavia adagiarsi sul cliché di Nora, scavando nelle pieghe della sua psicologia e rendendola controversa manipolatrice e abile tessitrice di trame, una Marina Rocco prima vittima e poi eroina che si emancipa dal marito.
Lo spettacolo diventa così un vero corpo a corpo con i sentimenti, un percorso attuale all’interno delle dinamiche di coppia che rivela il lato oscuro dei protagonisti. In tal senso risulta decisiva l’interpretazione di Filippo Timi, trasformista in scena e irresistibile interprete dei ruoli maschili: Torvald, Rank e Krogstad, tre doppi di un unico uomo destinato a soccombere. «I tre protagonisti maschili sono molto diversi. Io cerco di dare a ognuno un modo di parlare, di muoversi – afferma l’attore – Il dottor Rank, l’amico, è il tipo che non prende, ma dà. È lui che incita Nora a fuggire a spiccare il volo, ma se dovessi descriverlo direi che è un fiume arido, dove non scorre acqua: ha preso la sifilide dal padre quando era bambino ed è come marchiato, non può avere relazioni, dunque è vergine. Krogstad, il procuratore, per me è come una pietra, è un Helmer, il marito di Nora, ma a cui tutto è andato male. E quanto a Helmer sembra lineare ma è il più complesso. Il marito padrone, il borghese ipocrita da cui Nora fugge, ma se leggi il testo capisci che non è così. Se Helmer appare ossessivo è perché Nora è una bugiarda. Lo trovo un uomo ragionevole che mi sta insegnando quanto sia bello scindere il cuore dalla testa. È come i quadri di Mondrian: il quadratino del rosso della passione deve essere più piccolo del giallo che è la ragionevolezza perché avere il controllo del lato emotivo è una conquista. E in Ibsen nessuno dei due ha ragione, né il maschio, né la femmina. Semplicemente ci mostra cosa succede in una coppia: si ama, si finge, si lotta, si mente… Alla fine quando Nora accusa Helmer di trattarla come una bambola, “per trovare me stessa me ne devo andare”, è lui a dirle prova a cercare te stessa con me, dobbiamo crescere insieme, è una cosa bella. È il modo giusto per vivere una relazione. Magari proprio con l’uomo che mette in discussione se stesso, si mostra più fragile, più debole. Le sfumature sono una ricchezza: se l’uomo diventa un po’ femmina è ok».
Il capolavoro ibseniano ci presenta Nora, la moglie, amata e vezzeggiata come una bambola, dell’avvocato Torvald Helmer che sta preparando l’albero di Natale. Sopraggiunge inaspettata l’amica Cristina, vedova e bisognosa di aiuto e a lei Nora rivela un segreto: otto anni prima ha contratto un debito con un certo Krogstad falsificando la firma del padre per poter pagare il soggiorno in Italia necessario alla guarigione del marito. La promozione a direttore di banca del marito sembra risolvere ogni cosa, ma Krogstad, impiegato nella stessa banca, ricatta Nora per ottenere una promozione. Quando Torvald, ignaro di tutto, vorrebbe licenziarlo per altri motivi, questi minaccia di denunciare ogni cosa se Nora non otterrà di far bloccare il licenziamento. L’intercessione della donna non ottiene alcun esito e Krogstad mette in atto la sua minaccia inviando una lettera a casa degli Helmer. Cristina, che ha riconosciuto in lui un antico innamorato, lo convince a recedere dal ricatto, ma è troppo tardi. È questo un complesso intreccio, avvincente come un thriller e intrigante come un giallo, fatto di emozioni e tormenti, inganni e calcoli, illusioni e rese dei conti, truffe e utopie, che Shammah compone per avvolgere lo spettatore in un appassionante reticolo di dinamiche relazionali e affari di famiglia. Un dramma borghese, privato dei luoghi comuni, con l’intenzione di svelare un aspetto oscuro, o segreto, del dramma.
Lo spettacolo si inserisce nel percorso di stagione AFFARI DI FAMIGLIA, una riflessione sulle trasformazioni e le distorsioni della società che all’Argentina ha visto il racconto dell’ascesa economica e il drammatico tracollo della famiglia Lehman, ultima regia di Ronconi su testo di Stefano Massini, per passare a un ritratto di famiglia napoletana, con presepe, quello di Natale in casa Cupiello di Eduardo diretto da Antonio Latella, all’ultimo successo di Luca De Filippo, Non ti pago. E sono ancora “affari di famiglia”, lontani di secoli, Emilia di Claudio Tolcachir.
INFO TEATRO DI ROMA _ Largo di Torre Argentina, Roma
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Orari spettacolo:
prima ore 21
martedì e venerdì ore 21
mercoledì e sabato ore 19
giovedì e domenica ore 17
lunedì riposo
Durata spettacolo: 2 ore e 40 minuti più intervallo
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