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L’ultima estate dell’Europa

19 – 21 maggio 2016

di Giuseppe Cederna e Augusto Golin
regia Ruggero Cara

Lo spettacolo

Sarajevo, domenica 28 giugno 1914. Sono le dieci del mattino di una splendida domenica d’estate. Fra quarantacinque minuti due colpi di pistola sconvolgeranno quel mondo. Un tumulo informe di sacchi e legni anneriti dal fuoco diventa la zattera a cui si aggrappa il protagonista dello spettacolo, un naufrago della Grande Guerra. Un sopravvissuto. Posseduto dall’implacabile progressione della memoria e incalzato dai temi musicali dei luoghi e dei personaggi, Giuseppe Cederna dà voce e corpo a quell’umanità di vittime e di carnefici che trasformarono l’Europa in un immenso mattatoio. Quasi 10 milioni di soldati uccisi al fronte, 7 milioni di civili morti, più di 20 milioni di feriti e mutilati, la Grande Guerra fu la prima grande carneficina di massa. Memorie, poesie, storie, lettere dal fronte per raccontare pensieri, preghiere, illusioni, desideri, paure: dai Futuristi ai Generali, dai fanti mandati a morire sul Carso e sull’Isonzo ai loro compagni di naufragio, spettri usciti dalle trincee austriache, fino alle parole di scrittori e poeti come Owen, Stuparich, Gadda, Ungaretti, Trilussa, Rumiz. Dall’esaltazione patriottica alla consapevolezza del terrore delle trincee. Dalle “radiose giornate di maggio” alla notte di Caporetto.

La Repubblica

di Anna Bandettini

Repubblica.it, 7 gennaio 2015

L’attore, scrittore, saggista, viag­giatore (ha pubblicato con Fel­trinelli Il Grande Viaggio, un pel­legrinaggio alle sorgenti del Gange e, con il fotografo Carlo Cerchioli, Ticino, le voci del Fiume – Excelsior 1881), dopo tante peregrinazioni per il mondo, ha deciso di fare un viaggio immaginario nella nostra memoria, tornando come un vec­chio sopravvissuto sul fronte dell’I­sonzo e raccontando la sua storia, quello che ha vissuto, quello che ha provato: non una cronistoria, ma una voce dal labirinto di emozioni interiori.

(…) «Non sono un conoscitore esperto della Prima guerra mondia­le, ma è successo che un amico, il co­autore dello spettacolo, arrivasse da me con un pacco di libri, da Le notti chiare erano tutte un’alba, l’anto­logia dei poeti italiani nella Prima guerra mondiale a cura di Andrea Cortellessa, ai diari di Gadda, a un libro dello storico inglese David Fromkin L’ultima estate dell’Euro­pa, da cui ho preso il titolo. Mi sono reso conto di una miniera di storie di vite e di uomini e da narratore ho cominciato a lavorarci. Alla fine mi ci sono trovato dentro come Giu­seppe, voglio dire che ne sono stato coinvolto personalmente, toccato nell’anima».

(…) Galeotto fu Ungaretti, che «nel 1914 arriva in Italia e nella patria degli avi si convince che andare in guerra è la cosa giusta per avere una patria. (…) Viene mandato sull’I­sonzo, prima linea del Carso. In una notte di guerra più calma del solito, prima della sesta battaglia dell’I­sonzo, questo piccolo uomo sudato e sporco si ritrova in riva al fiume in una notte di luna e fa questo gesto, folle per il luogo e la situazione, e si immerge piano piano nel fiume. Poi, come sempre faceva, prende una matita e scrive I fiumi, una poesia di rinascita, con questo spirito dell’acqua generatrice, e sente che la sua vita è più forte della morte e soprattutto rivede tutti i fiumi della sua vita: il Serchio, il Nilo e la Senna dove è diventato grande».

Oltre lo spettacolo

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