Reduce dallo straordinario successo di Ragazzi di vita e Un nemico del popolo, Massimo Popolizio sceglie di confrontarsi con un capolavoro della narrativa americana: Furore di John Steinbeck, scritto nel 1939 e da subito divenuto un best-seller. Un one man show lirico ed epico che porta sul palco la dolorosa e sorprendente attualità della crisi agricola, economica e sociale che stritolò gli Stati Uniti in una morsa fra il 1929 e l’attacco a Pearl Harbor.
È una straordinaria figura di narratore – nello stesso tempo arcaica e modernissima – che prende forma in questo lavoro di drammaturgia basato sul capolavoro di John Steinbeck, Furore. A prestare a questo potentissimo, indimenticabile «story-teller» un corpo e una voce adeguati alla sua grandezza letteraria, è l’attore e regista Massimo Popolizio che traspone sulla scena le infinite risorse poetiche del metodo narrativo di Steinbeck, rendendole ancora più evidenti ed efficaci attraverso la lettura. Leggendo Furore, infatti, impariamo ben presto a conoscere questo personaggio senza nome che muove i fili della storia. Nulla gli è estraneo: conosce il cuore umano e la disperazione dei derelitti come fosse uno di loro, ma a differenza di loro conosce anche le cause del loro destino, le dinamiche ineluttabili dell’ingiustizia sociale, le relazioni che legano le storie dei singoli al paesaggio naturale, agli sconvolgimenti tecnologici, alle incertezze del clima. Tutto, nel suo lungo racconto, sembra prendere vita con i contorni più esatti e la forza d’urto di una verità pronunciata con esattezza e compassione. Furore usciva nel 1939, divenendo subito un best-seller sensazionale. Da allora non ha mai smesso di godere di immensa popolarità grazie alla sua rappresentazione letteraria diretta e urgente di una condizione storica e geografica precisa – la crisi agricola, economica e sociale che stritolò gli Stati Uniti fra il crollo del 1929 e l’attacco di Pearl Harbour – ma evocatrice di una condizione umana e sociale molto più ampia e oggi più che mai attuale. Raccontando le sventure della famiglia Joad, e i motivi di una delle più devastanti migrazioni di contadini della storia moderna, Massimo Popolizio dà vita a un one man show epico e lirico, realista e visionario, sempre sorprendente per la sua dolorosa, urgente attualità.