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About Lolita

un progetto di Biancofango
drammaturgia Francesca Macrì e Andrea Trapani
con Gaia Masciale, Andrea Trapani, Francesco Villano
regia Francesca Macrì

Lo spettacolo

Lo spettacolo ha debuttato alla Biennale di Venezia il 16 settembre 2020

Lolita è troppe cose per sintetizzarla in una frase sola. È l’annebbiamento della testa, il sogno di paradisi possibili e inferni prossimi, un inno alla straordinaria potenza del pensiero, il nascondiglio dell’anima dentro cui scomparire e sprofondare, il delirio estetico-erotico di una fragilità, un viaggio lungo i lastricati sentieri della pornografia in cui il viaggiatore non cessa mai di sollevare lo sguardo verso i luccicanti paesaggi che costeggiano il peccato. Lolita è lo straordinario romanzo di Nabokov, è l’immagine della ragazzina in costume da bagno che guarda senza pudore la macchina da presa e lo spettatore dell’ancora più noto, forse, film di Kubrick. Lolita è una parola sul vocabolario, è una ragazzina che ciascuno di noi ha conosciuto, almeno una volta, nella vita, è un mito, un modo di dire, una proibizione, un implicito non esplicabile, un fatto scabroso, un trafiletto nella cronaca nera, un peccato, è il ricordo delle bambine che siamo state, è la violazione dell’infanzia e al contempo il disegno di un’infanzia e di una preadolescenza che ancora facciamo fatica ad accettare nella loro sconvolgente sessualità. Lolita è un verbo: è giocare con il fuoco, è inciampare, fraintendere, desiderare fino a rimanere senza fiato. Lolita è più di ogni cosa, nel quotidiano, un giudizio, ma per noi è innanzitutto un dialogo con l’arte che per sua natura, per essere tale, non può che accogliere in grembo, insieme, dolore e piacere, beatitudine e tortura. Lolita è roba da censura. Ma si può censurare il piacere? O il pensiero del piacere? E che differenza esiste tra il piacere pensato e il piacere agito?

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