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Io sono Misia

Progetto: Arte in scena

Progetto: La scena alle donne

8 – 13 marzo 2016

L’ape regina dei geni
di Vittorio Cielo
regia Francesco Zecca

Lo spettacolo

Picasso, Proust, Chanel, Ravel, Debussy, Stravinsky, Toulouse Lautrec, Cocteau, Nijinsky, e i loro segreti, svelati dalla regina di Parigi.

Dopo il successo di “Malamore”, Premio Flaiano, Lucrezia Lante della Rovere continua a dare vita a profili di donne straordinarie che hanno costruito la cultura del ‘900.
Con la sensibile regia di Francesco Zecca e un testo inedito del poeta Vittorio Cielo, rivela al pubblico italiano l’incredibile storia e la fascinosa personalità di Misia Sert, straordinaria mecenate alla quale dobbiamo la scoperta, fra gli altri, di Cocò Chanel.
Misia Sert, il cui salotto parigino era frequentato da Picasso, Paul Morand, Debussy, fu ritratta da Renoir e da Toulouse Lautrec, ispirò Jean Cocteau per il personaggio della principessa nel romanzo Thomas l’imposteur e fu definita da Proust “un monumento di storia, collocata nell’asse del gusto francese come l’obelisco di Luxor nell’asse degli Champs Elysées”.

“Io non partorisco. Io faccio partorire.

Gli uomini hanno bisogno di una sfinge per partorire la bellezza, per diventare artisti.

Dicono che il mio talento sia saper annusare il talento…

Dove tutti vedono un nano, io vedo un Toulouse-Lautrec.

Sono una cercatrice di geni… Una cercatrice di meraviglie umane.

Detesto suonare, perché amo la musica.

Ho imparato sulle ginocchia di Liszt, vecchio, con i capelli lunghi a bacchetta bianchi, come un salice ghiacciato,la faccia a verruche come la corteccia di un albero.

Con i miei occhi color malva, ho visto ora dopo ora inevitabilmente Pablo Ruiz trasformarsi nel mostro-toro Picasso, Debussy sui miei divani sognare il sesso del fauno, Cocteau fare la corte agli attori come in Marocco, Stravinsky incendiarsi nella Sagra di Primavera, Ravel ricamare musica a dispetto di Satie, il carnefice di ballerini Diaghilev farsi domatore di Nijinsky, fino a far impazzire il dio della danza.

E Proust, scrivere ogni cosa, ogni parola di tutti, fino a mettermi nella seconda riga della prima pagina della Recherche…

Nelle università la chiamano “cultura”..io la chiamavo averli a cena da me, a casa…”

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