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Michelangelo – Vita

16 – 24 marzo 2016

Rime e lettere di Michelangelo Buonarroti
adattamento Antonio Piovanelli
regia e scene Giacomo Andrico

Lo spettacolo

Michelangelo Buonarroti, scultore sublime e “divino”; non ci sono dubbi nel riconoscere tra i segni dei suoi marmi la presenza di atti “furiosi” e incontenibili.
Michelangelo “uomo”. Uomo tribolato, uomo che lavora continuamente nel tentativo di conoscere e sentire con il suo corpo il battito della materia. Noi oggi sappiamo che per lui scolpire i marmi cristallini delle Apuane di Carrara era una necessità come respirare. La Pittura lo affaticava, l’Architettura lo coinvolgeva nella mischia delle invidie dei colleghi, ma la Scultura gli dava luce bianca, accecante, e respiro.
Credo che Michelangelo ascoltasse la “materia” come unica maestra dell’universo. Michelangelo “uomo”.
Uomo solo che abita e attraversa i luoghi spietati del potere.
È possibile trovare ancora oggi nelle sue forme tanto del “divino” che abita la terra? È possibile attraverso incontri!
Incontrare e lavorare con un attore come Antonio Piovanelli ha, per un regista, il sapore di un dono.
Da questo dono scaturiscono altre possibilità: la possibilità di vedere più spazi e atmosfere date da una luce che si propaga per gradi; la possibilità di sentire frammenti di vita e parole di un grande scultore come Michelangelo, il grande artista, forse l’uomo più vicino agli dei che l’umanità tutta, di sempre, ha potuto e
potrà sempre godere come atto di bellezza inspiegabile.

Giacomo Andrico

Michelangelo, un’ossessione che mi insegue da quarant’anni. Un amore e una passione per la sua incredibile opera e per tutto quello che ci ha lasciato. Avevo poco più di trent’anni quando scoprii anche la sua poesia e le sue lettere, e tanto mi entusiasmarono che decisi di farne un monologo per raccontare la sua vita di uomo e di artista, spesso in lotta col potere, e con se stesso.
Il mio sogno era quello di fare uno spettacolo povero da portare in qualsiasi ambito – scuola, Case del Popolo, gallerie d’arte, cantine -, alla portata di tutti. E lì, in quei molti luoghi, l’attore solo col suo corpo e la parola, fogli di carta e candele.
Adattando le Rime e le Lettere, specialmente quelle indirizzate a Tomaso de’ Cavalieri, il giovane che Michelangelo amò e che era presente alla sua morte, cercai di far emergere l’uomo. Ci sono i rapporti con la famiglia che furono una lotta continua di amore e odio, ci sono la vecchiaia e il carico dell’esperienza, ci sono squarci di vita illuminanti e un finale che, negli ultimi versi, è molto toccante. Ci misi dentro un po’ della mia vita in questo personaggio.
Presentai il lavoro a un gruppo di amici romani, interessati al progetto; poi partii per il Sud. Partii povero e tornai dopo tre mesi ricco di calore umano raccolto tra il pubblico; dopo dieci anni ne allestii una seconda edizione in vari teatri e regioni d’Italia, poi all’estero.

Antonio Piovanelli

Intervento di Giacomo Andrico

tratto da MICHELANGELO – VITA
DIARIO DI LAVORO
13.10.2014 – 16.11.2014
di Silvia Moretti
con intervista ad Antonio Piovanelli e Giacomo Andrico

Ho iniziato a lavorare in teatro facendo molte esperienze; poi mi sono avvicinato al cinema e al documentario, e mi sono accorto che dovevo imparare tutto di nuovo rispetto al mestiere del teatro … era come ricominciare da capo; il cinema mi ha aiutato a capire il teatro e viceversa.
Il cinema è il linguaggio scritto della realtà” diceva Pasolini: devi stare nella situazione che stai vivendo,
devi lasciare che le cose accadano, devi capire ciò che è veramente importante filmare. Nel cinema bisognerebbe essere come gli oggetti,sacri! Tuttavia, per arrivare a tale sottrazione, non è importante quello che fai, ma ciò che sei nella situazione: devi essere nello spazio, nella scena, nell’atmosfera.
Nel teatro, invece, per come è stato immaginato, ci sono il palco e il pubblico, e sul palco si attua un linguaggio più complesso; nel teatro c’è la preoccupazione di dover comunicare ad un ampio pubblico; il teatro è un’idea, non una ripresa della realtà; nel teatro, il personaggio rimane un eroe dal linguaggio
articolato, persistono una matematica e una geometria nelle coreografie, un’architettura simbolica per lo spazio scenico, mentre nel cinema basta anche solo riprendere un muro scrostato e si ottiene un piano realistico straordinario; in teatro si ha un’amplificazione che parte dal palco e va verso il pubblico, mentre nel cinema è l’occhio dello spettatore che si avvicina allo sguardo dell’attore fino ad entrare nei suoi pensieri, nella sua anima; di conseguenza un attore deve sussurrare. Per me il cinema è soprattutto contemplativo.
Nel momento in cui si fa teatro o cinema ci si accorge che l’oscillazione è sempre fra il mondo costruito del teatro e quello più fluido e vero del cinema; già Shakespeare diceva che il gesto di un attore doveva essere minimale, e Goldoni sottolineava come ciò che accadeva sul palco dovesseessere verosimile.

Ciò che mi ha portato a lavorare con Antonio è la sua ricerca di piani reali: cerca il vero sul palco e questo è molto vicino al modo in cui io amo lavorare; gli attori che si raccontano non mi attraggono. Antonio non si rappresenta, Antonio è un eroe umile e con questa sua umiltà ha rappresentato Michelangelo mostrandolo nella sua umanità miserevole.

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